Page 125 - Federico II - Genio dei tempi
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Lo stesso Alberto Magno nello Speculum astronomiae afferma che
il libero arbitrio non è soppresso dalla electio che si limita a indicare il
momento più favorevole per una azione promuovendo la possibilità di
compiere una scelta più meditata e consapevole. La electio è insomma
un atto intellettivo attraverso il quale l’uomo può evitare il male
avvantaggiandosi con lo studio delle situazioni, come avviene per ogni
altro tipo di conoscenza. Ma è appunto chi fa le previsioni {electiones)
che deve essere ritenuto responsabile dell’esito negativo di ciò che viene
intrapreso sulla base del suo consiglio.
Fu il cronista Rolandino da Padova, all’inizio simpatetico con il da
Romano, a crearne un ritratto esemplare di tiranno feroce e maniacale
teso ad un successo rapido e violento.
L’ascesa della famiglia da Romano che culmina in Ezzelino, l’alleato
di Federico II, era iniziata in quel contesto che emerge con contorni
oramai nitidi nel XII secolo: le città di Verona, Padova, Vicenza e Treviso
si organizzano in comuni e si contrappongono l’un l’altra in un gioco duro
e violento mosso da interessi che non potevano che essere contrastanti:
il controllo delle vie di acqua e di terra per il commercio e l’egemonia
sui grossi centri rurali come Bassano e Marostica. Nel trattato di pace di
Fontaniva del 1147 la famiglia dei da Romano è indicata come protagonista
insieme ai consoli delle altre città venete e rappresenta Treviso, che non era
ancora comune e non aveva quindi rappresentanti istituzionali delegati a
parlare in suo nome. In quegli anni è attivo Ezzelino I distintosi nella lotta
contro il Barbarossa ma poi riammesso con la pace di Costanza (1183)
«in plenitudinem gratiae» dall’imperatore.
Gli succede il figlio Ezzelino II che, secondo l’espressione di Rolandino da
Padova, già dal 1187 «teneva curia» a Bassano, divenuta la base operativa
della famiglia, inserita in un contesto di inimicizia fra Vicenza e Padova.
Ezzelino II inizia una politica spregiudicata che sfrutta le variabili alleanze
con lepartes cittadine entrando così nel contesto di una più ampia lotta di
potere. Con il «perfido» Ezzelino III, pari al padre e al nonno per capacità
militari e politiche, la famiglia da Romano abbandona la sua politica anti-
sveva, o meglio anti-imperiale, e viene coinvolta da Federico II in una
lotta ben più estesa e complessa di quella fra i comuni e fra le fazioni che
laceravano le città al loro interno.
E qui bisogna fare un salto di immaginazione per «vedere» lo squilibrio
impressionante fra il quadro della politica di potere della famiglia stretto
nell’ambito regionale e quello immane, ma certamente astratto e sfuggente
a definirsi, della potenza imperiale che fa da sfondo al rapporto fra
Ezzelino e Federico di Svevia. E occorre anche resistere al fascino sottile
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