Page 122 - Federico II - Genio dei tempi
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(dei  longobardi  e  dei  franchi  per  esempio)  che  assume  nell’XI  secolo
          a Milano forza di simbolo della identità cittadina e diventa segno delle

          rivendicazioni di libertates, probabilmente per la prima volta per iniziativa
          dell’arcivescovo  Ariberto  d’Intimiano.  Dipinto  a  colori  vivaci,  reca
          l’immagine del santo protettore della città e il gonfalone: a Milano il santo
          è Ambrogio e la bandiera è quella bianca rossocrociata. Il Carroccio in

          tempo di pace era ospitato nella cattedrale e portato all’aperto in battaglia
          solo in occasione di scontri importanti percepiti come vitali per la città,
          come accadde nel 1237 contro Federico IL
             Le libertates rivendicate e simboleggiate dal Carroccio erano alla base

          dell’identità del comune: quando un gruppo sociale, cittadino o rurale,
          sottraeva alla potestà superiore (re o imperatore) alcune funzioni politiche
          di  autogoverno,  queste  generavano  l’istituzione  adatta  a  svolgerle.  Si
          tratta di una libertà riconosciuta che all’interno della città si traduce in

          una uguaglianza dei diritti dei cittadini e in una larga partecipazione alle
          forme della vita politica, per esempio la scelta di chi è destinato a ricoprire
          le cariche pubbliche più rilevanti o la promulgazione delle norme che
          regolano la vita comunitaria. Quest’ultimo aspetto del comune ha un rilievo

          particolare, anzi è una vera novità, se pensiamo che nei secoli medievali
          gli uomini che vivevano nello stesso spazio politico erano caratterizzati
          da condizioni giuridiche e da opportunità e diritti assai diversi.
             La vittoria di Cortenuova viene celebrata a Cremona con una processione

          di trionfo: sfila il Carroccio, disadorno e con gli evidenti e dolorosi segni
          della sconfitta, trainato da un elefante sormontato da una torre con le
          sfavillanti insegne imperiali. Pietro Tiepolo, podestà di Milano, sfila anche
          lui in catene in mezzo a una folla di prigionieri. Nel trionfo si mescolano

          diverse emozioni: la più evidente è la gioia e soprattutto il sollievo dei
          cittadini di Cremona per la sconfitta dei milanesi, l’esultanza di Federico
          che  detta  una  scenografia  improntata  allo  stile  dei  trionfi  romani  e  la
          disperazione  incredula  degli  sconfitti.  Le  trombe  annunciano  il  trionfo

          del Divus Caesar Augustus: agli antichi imperatori e a Roma Federico
          pensava in quel giorno.
             L’imperatore invia il simbolo delle libertates comunali a Roma, sede
          esemplare dell’impero e, secondo Salimbene, i romani lo bruciano in odio

          a Federico. Ma in realtà le cose non andarono così: i cittadini dell’Urbe
          accolsero trionfalmente il Carroccio e lo esposero in Campidoglio, come
          ricorda  ancor  oggi  una  epigrafe,  «a  memoria  della  trionfale  strage  di
          Milano dopo la quale l’imperatore mosso dal suo amore per Roma decise

          di inviarle il carro dei vinti».
             Ma  perché  frate  Salimbene  nella  sua  cronaca  riporta  una  versione



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