Page 119 - Federico II - Genio dei tempi
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ottenne sfruttando la sua capacità diplomatica.
             Nella dinastia degli Altavilla, Roberto il Guiscardo era stato celebre per la

          sua frenetica attività militare sostenuta dall’uso di congegni moderni uniti
          a tecniche classiche di assedio: così testimonia anche la conservazione
          nella biblioteca della reggia di Palermo di un codice di Erone di Bisanzio
          trascritto nel secolo XI. Il nonno paterno Federico Barbarossa era noto

          per le macchine militari e le strategie messe in atto a Milano e a Crema.
          All’assedio  di  questa  città,  il  Barbarossa  «fece  costruire  una  mirabile
          testuggine con la quale si riempiva il fossato e fece costruire la torre più
          alta e robusta che nessuno avesse mai visto».

             Inoltre bisogna dar per scontata l’enfasi cortigiana che esalta nel caso
          di Federico II vittorie di non primaria importanza come la presa dei castelli
          di Piumazzo e Crevalcore nei dintorni di Bologna, investiti e «sommersi
          dalle pietre lanciate dai trabucchi e poi divorati dalle fiamme», e la resa di

          Ravenna realizzata secondo alcuni con deviazione di fiumi, ponti gettati
          in  due  giorni,  paludi  disseccate  in  poche  ore.  Ricordiamo  che  Faenza
          fu presa con una tecnica primitiva, per fame e alcuni colpi di autentica
          fortuna. Straordinaria era semmai la propaganda, che ampliava anche

          ogni piccolo successo dell’imperatore davanti a tutta la platea europea:
          ma ciò apparteneva alla politica di un grande dominus e alla abilità della
          sua cancelleria, non alla strategia militare.
             L’incontro  con  Ezzelino  e  il  successo  ottenuto  a  Vicenza  inducono

          Federico a pensare con ottimismo a una conclusione favorevole e veloce
          della  campagna  contro  i  lombardi.  Rassicurato,  l’imperatore  progetta
          la partenza per l’Austria dove lega a sé con benefici notevoli i Grandi
          Elettori che designano Corrado, figlio di Isabella di Gerusalemme, come

          suo successore e futuro imperatore (il primogenito Enrico ancora vivo e
          in carcere era un potenziale rivale del fratellastro). Era una procedura mai
          vista prima che prefigurava una successione ereditaria. In tutte queste
          manovre  coronate  da  successo,  il  pontefice  non  poteva  non  sentirsi

          estromesso  da  una  scena  (la  ratifica  della  scelta  e  l’incoronazione
          dell’imperatore)  che  riteneva  gli  spettasse  in  modo  assoluto,  e  offeso
          radicalmente nelle sue pretese di plenitudo potestatis.
             Ad aumentare il nervosismo della situazione c’era anche l’avvicinarsi

          della scadenza (dieci anni dal 1229) del trattato di Gerusalemme, quando
          Federico aveva ottenuto senza colpo ferire la Città Santa dall’accordo
          con  al-Kàmil:  ciò  dava  in  mano  al  pontefice  un’altra  arma,  la  solita
          richiesta a Federico di una vera crociata, che si combinava molto bene

          con il desiderio di estromettere e tener lontano l’imperatore dalla scena
          italiana. La tensione era alimentata anche dalle voci, gonfiate ad arte ma



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