Page 117 - Federico II - Genio dei tempi
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IL RITORNO DELL’ANTICO CONFLITTO
Quando Federico nell’agosto del 1235 scrive al pontefice - il suo
terzogenito Enrico, figlio di Isabella d’Inghilterra, non è ancora nato - di
essere pronto per una spedizione contro i nemici lombardi è soprattutto
mosso dalla convinzione che Milano e i suoi alleati siano colpevoli di aver
sostenuto la ribellione del figlio. Papa Gregorio, da qualche anno suo
alleato, è perplesso: in quel momento si adopera per una conclusione
pacifica del contrasto, non approva la decisione dell’imperatore e non
apprezza molto probabilmente il consiglio contenuto nella lettera di
Federico (dato a lui, al vicario di Cristo!) di colpire i lombardi con la
scomunica.
Per il momento Gregorio IX sceglie il ruolo del grande arbitro di
pace e propone a Federico di inviare a Roma, per il dicembre 1235, un
ambasciatore per tentare un accordo. L’imperatore felicemente sceglie
a rappresentarlo ancora una volta Ermanno di Salza, Gran Maestro dei
Teutonici, gradito al pontefice e per lui uomo di tutta fiducia, come il
passato aveva dimostrato. Ma i lombardi si oppongono ad ogni trattativa
e rafforzano la loro alleanza antiimperiale.
Al Nord Federico poteva contare sull’alleanza di qualche città: su
Cremona, sulla fida Verona, dove dominava il formidabile Ezzelino da
Romano, ma non, naturalmente, su Ferrara, Vicenza e Treviso, dove era
signore Azzo d’Este, rivale del da Romano. Fra gli storici Azzo d’Este
raccoglie giudizi più favorevoli e simpatetici per la sua scelta di campo a
favore della causa dei lombardi contro l’imperatore, mentre Ezzelino passa
alla storia anche troppo presto come quel perfido e sanguinario signore,
quel «tiranno» che diventerà nella realtà anni dopo. In effetti entrambi,
Azzo d’Este e Ezzelino da Romano, possedevano ambizioni analoghe
mirando, è verosimile, al dominio su gran parte della Val Padana e in
quegli anni facevano la guerra «come andava fatta», senza molti scrupoli.
L’anno seguente, il 1236, si apre con alcuni successi di Azzo d’Este,
ma ben presto l’intervento delle truppe imperiali al fianco di Ezzelino
porta Vicenza, punto strategico importantissimo e città ricca e fiorente,
alla sconfitta dopo una resistenza valorosa ma inutile. È un evento
rilevante e Federico non lo sottovaluta. La forza di Ezzelino, d’ora in avanti
stimatissimo generale dell’imperatore, si abbatte sulla città: Federico la
frena ritenendo che sia sufficiente l’incendio, mentre le truppe del signore
italiano vorrebbero il sacco e la distruzione totale pietra dopo pietra.
Al proposito c’è un aneddoto raccolto dai cronisti: Federico dopo
la vittoria, passeggiando con Ezzelino nella campagna fuori le mura,
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