Page 118 - Federico II - Genio dei tempi
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suggerisce con un solo gesto e poche parole al nuovo alleato il metodo
          migliore per affermare saldamente la sua autorità: taglia con la spada i fili

          d’erba più lunghi del prato. «Così dovrai fare», gli dice e allude ai cittadini
          di Vicenza più eminenti; è un consiglio che Ezzelino seguirà sempre con
          entusiasmo negli anni futuri.
             Federico si è oramai stanziato al Nord e nei suoi programmi la pace

          diventa più lontana: è costretto a muovere guerra.
             Nel  1236  Gregorio,  vescovo  di  Palestrina  e  inviato  del  papa  in
          Lombardia, riesce a trasferire il favore dei cittadini di Piacenza al campo
          papale e lombardo: Federico interpreta giustamente queste mosse del

          rappresentante del pontefice come segnali di una svolta nella già precaria
          intesa con Gregorio IX. Come sempre, si rivolge con una lettera ai sovrani
          di  Europa  denunciando  la  nuova  situazione:  il  suo  dovere  è  muover
          guerra ai milanesi che ospitano focolai eretici sfidando l’autorità sacra

          dell’impero e (anche) della chiesa. Una nuova crociata a Gerusalemme
          ai suoi occhi deve essere preceduta da una pulizia interna al territorio
          italico del suo impero. Gli eretici sono pericolosi quanto e forse più degli
          infedeli. Tutte idee che rientrano in pieno nella sua dottrina sul potere

          sacro dell’imperatore.
             Il  pontefice  risponde  prontamente  ricordando  a  Federico  che  Carlo
          Magno e altri regnanti sono stati incoronati imperatori dal pontefice ed
          espone argomentazioni, anche queste ampiamente note e già sostenute

          da papi precedenti, che si possono riassumete nella dichiarazione che
          il  papa  può,  anzi  deve,  intervenire  anche  nelle  questioni  temporali.  Il
          predecessore  più  illustre  che  aveva  scelto  lo  stesso  nome  pontificale
          di Ugolino di Segni, Gregorio VII, aveva dichiarato che il papa poteva

          «stabilire nuove leggi e riunire nuovi popoli, servirsi delle insegne imperiali,
          deporre gli imperatori e sciogliere i soggetti dal giuramento di fedeltà
          fatto agli indegni» (Dietatus papae).
             Difficile, anzi oramai impossibile per Federico non scendere in guerra.

          Una guerra che non finirà più per lui.
             In passato le vittorie le aveva ottenute con la diplomazia (la ragione)
          e il favore della fortuna, ossia le circostanze improvvise o maturate nel
          tempo, ma le sue doti di stratega dovevano ancora essere dimostrate.

             In questo campo ci si aspetterebbe di più da un principe scienziato
          come Federico. Gli storici non hanno trovato segni straordinari delle sue
          capacità tecnico-militari tanto decantate dai suoi poeti e cortigiani: poche
          furono le vittorie importanti conseguite in guerra dall’imperatore e forse

          più numerosi gli esiti catastrofici di alcune campagne. Del resto bisogna
          ricordare  che  la  più  importante  conquista,  Gerusalemme,  Federico  la



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