Page 104 - Federico II - Genio dei tempi
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della sacralità dell’origine del potere sancita dal testo paolino, omnis
potestas est a Deo; esso costituisce la garanzia della stabilità della
legge senza la quale qualsiasi contrasto e persino qualsiasi mutamento
diverrebbero impossibili. Le leggi variano dunque all’interno della legge,
meglio della Legge, che già Giovanni di Salisbury nel suo Policraticus -
testo di grande interesse perché precedente alla riscoperta dell’Aristotele
politico in Occidente e quindi quasi immune dalla sua influenza - indica
come il massimo quadro normativo delle istituzioni.
Nel testo di Giovanni sono contenute affermazioni apparentemente
contrastanti ma in realtà dinamicamente connesse e significative di una
nuova vitalità della riflessione politico-giuridica. «L’autorità del principe
dipende dall’autorità delle leggi e il sottomettere il suo governo a queste è
cosa più alta del semplice comando. Egli è libero di agire in tutto ciò che
non contrasta la equità della giustizia». Si precisano quindi due poli non
in opposizione, ma agenti in un rapporto dialettico: il sovrano è la Legge.
È vero tuttavia che il principe è legibus solutus. Che significa questa
espressione nel contesto dell’analisi dell’autore? Osserva il Kantorowicz
(1988) leggendo Giovanni di Salisbury che «il principe non è un essere
umano nel vero senso della parola... Egli è la perfezione (o legge animata)
e in un senso giuridico nuovo è la stessa idea della giustizia vincolata
alla legge da considerarsi il fine stesso della legge. Il sovrano - scrive
Giovanni - è l’immagine della divinità».
U sovrano ha acquistato dunque una definizione precisa e teorica al di
là delle analisi di etica collettiva caratteristiche dei secoli altomedievali,
una dimensione di potere che non tiene conto della biografia, delle
qualità del principe e neppure delle situazioni nelle quali governa, ma che
lo colloca come un modello teorico alla pari delle grandi idee politiche
che si svilupperanno nei tempi moderni. La legge non solo non è legata
alla volontà politica del principe, o peggio al suo capriccio, ma neppure
emana dalla sua figura.
Molte di queste idee sono presenti nell’immagine che Federico di Svevia
offre e vuole offrire con forza ai suoi sudditi e ai grandi dell’Europa, alleati
e avversari.
La più alta rappresentazione del potere sovrano unita a una serie di
importanti informazioni sull’esercizio del potere nel regno di Sicilia, realtà
splendida e amata e insieme laboratorio per le idee imperiali, è contenuta
nel testo delle Costituzioni melfitane alle quali lo stesso imperatore dà
significativamente il titolo di Liber augustalis. Il nome di Cesare Augusto
infatti, oltre che esplicita rivendicazione della qualità del titolo imperiale,
richiama i grandi personaggi storici del passato: Giulio Cesare, uno dei
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