Page 22 - Per la difesa dello Spiritismo
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«Caro James, io non ricordo che vi sia stato il menomo malinteso tra
          di noi; mi sembra che noi ebbimo sempre l’uno per l’altro la più viva
          simpatia.   Non   mi   ricordo   di   malintesi.   Dimmi   dunque   a   che
          proposito ciò avvenne; ma già devi sbagliarti con altri». - Al che il
          prof. Hyslop: «Padre, tu mi hai frainteso; io volevo alludere alla tua
          malattia». - «Ah! benissimo; ora comprendo. Sì, io soffrivo dello
          stomaco». - «Non soffrivi di altri incomodi?». - «Sì, dello stomaco,
          del fegato e della testa. Avevo grande difficoltà di respiro. Il cuore,
          James, mi faceva soffrire assai. Te ne ricordi con quale difficoltà
          traevo il respiro? Malgrado questo, il cuore ed i polmoni mi facevano
          soffrire anche di più. Pareva che qualcuno comprimesse il mio petto
          fino a soffocarmi. Ma alla fine mi addormentai». Poco dopo egli
          aggiunse: «L’ultima cosa di cui mi ricordo, sì è di averti sentito
          parlare. Tu fosti l’ultimo a parlare. Ricordo distintamente di averti
          visto in volto, ma ero troppo debole per rispondere».
                 Il dialogo citato sconcertò a tutta prima il prof. Hyslop. Si era
          proposto di conseguire il nome dell’infermità di cui suo padre si
          credeva   affetto,   e   nulla   aveva   ottenuto.   Non   fu   che   più   tardi,
          rileggendo il processo verbale della seduta, ch’egli si avvide come
          suo padre avesse invece descritto in guisa caratteristica le ultime ore
          della sua vita: aveva dunque frainteso per la seconda volta la sua
          domanda. Il dottore curante aveva constatato un dolore alla regione
          dello stomaco alle ore 7 del mattino ; poco dopo la difficoltà del
          respiro divenne allarmante, e in breve l’infermo spirava. Suo figlio,
          il prof. Hyslop, gli chiuse le palpebre dicendo: “Tutto è finito”, e fu
          l’ultimo a parlare. Questo particolare sembrerebbe indicare che la
          coscienza   nei   moribondi   dura   assai   più   a   lungo   di   quanto
          ordinariamente si crede». (M. Sage: Madame Piper, ecc.; p. 201-
          205).
                 Giova notare come nell’ultimo caso citato, oltre gli episodi in
          cui il comunicante fraintende le domande rivoltegli e risponde in
          conseguenza, episodi inesplicabili con le ipotesi della «prosopopesi-
          metagnomia»,   se   ne   rinvenga   un   altro   analogo   a   quello
          precedentemente   citato   in   cui   il   comunicante   non   si   lascia
          suggestionare dalle domande che gli si rivolgono; vale a dire che in


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