Page 99 - Nietzsche - Genealogia della morale
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che quasi stordisce; passionalità senza passione; gestire sgradevole; è chiaro che qui manca
ogni buona educazione. Com’è possibile fare tanto chiasso sui propri piccoli vizi, come fanno
questi ometti pii! Nessuno se ne preoccupa; nemmeno Dio. Tutta questa gentucola di provincia,
alla fine, vuole addirittura «la corona della vita eterna»: ma a che scopo? per che cosa? – non
si potrebbe essere meno modesti di così. Un Pietro «immortale»: chi lo sopporterebbe? Hanno
un’ambizione che fa ridere; ruminano, costoro, i loro fatti più intimi, le loro sciocchezze,
tristezze e preoccupazioni oziose, come se l’in-sé delle cose avesse il dovere di
preoccuparsene; non si stancano di coinvolgere Dio stesso nelle più piccole sciagure che li
colpiscono. E questo sempiterno tu per tu con Dio, così privo di gusto! Questa invadenza
fisicamente sfacciata nei confronti di dio, giudaica e non solo giudaica!... In Asia orientale
esistono piccole disprezzate «popolazioni pagane», dalle quali questi primi cristiani
avrebbero potuto imparare qualcosa di sostanziale, un po’ di tatto nella venerazione; essi non
si permettono, come testimoniano i missionari cristiani, nemmeno di pronunciare il nome del
loro dio. Questo mi sembra abbastanza delicato; certo è che è troppo delicato non solo per i
«primi» cristiani: per renderci conto del contrasto, possiamo ricordare Lutero, il più
«eloquente» e il più immodesto contadino che la Germania abbia avuto, e anche al tono
luterano che a questi piaceva tanto nei suoi colloqui con Dio. La resistenza di Lutero contro i
santi mediatori della Chiesa (e in modo particolare contro il «papa, puttana del diavolo») in
fondo fu, senza ombra di dubbio, la resistenza di un bifolco infastidito dalla buona etichetta
della Chiesa, quella etichetta devozionale del gusto ieratico, che ammette al Sancta
Sanctorum solo i più consacrati e i più riservati e lascia fuori i bifolchi. Proprio in questo
luogo e una volta per tutte, essi non debbono parlare – ma Lutero, il contadino, la pensava
diversamente, ciò non gli sembrava abbastanza tedesco; voleva prima di tutto parlare
direttamente, parlare in prima persona, «senza cerimonie» con il suo Dio... E così fece. –
L’ideale ascetico, lo si intuisce bene, mai e in nessun luogo è stata una scuola di buon gusto, né
tanto meno di buone maniere – nel migliore dei casi è stato una scuola di maniere ieratiche – ;
infatti esso ha incorporato in sé qualcosa di mortalmente ostile a tutte le buone maniere –
mancanza di misura, disdegno per la miseria, esso stesso è un «non plus ultra».
23.
L’ideale ascetico ha corrotto non solo la salute e il gusto, ha corrotto anche una terza, una
quarta, una quinta, una sesta cosa – mi guarderò bene dal dire quante (non arriverei mai a
fine!). Qui non metterò in luce quello che quest’ideale ha prodotto; ma è molto di più solo
quello che esso significa, ciò che lascia indovinare, ciò che è nascosto dietro di lui, sotto di
lui, in lui, ciò di cui è l’espressione provvisoria, confusa, stracolma di interrogativi e
d’equivoci. E solo in relazione a questo scopo non ho potuto risparmiare ai miei lettori uno
sguardo sull’enormità dei suoi effetti, anche dei suoi fatali effetti: per prepararli, cioè,
all’ultimo e più terribile aspetto che ha, per me, il problema del significato di quell’ideale.
Che cosa significa, infatti, la potenza di quell’ideale, l’enormità della sua potenza? Per quale
motivo gli è stato dato tanto spazio? Perché non gli è stata opposta miglior resistenza? l’ideale
ascetico esprime una volontà: dove si trova la volontà contraria, in cui si esprimeva un ideale
contrario? l’ideale ascetico ha uno scopo – questo è abbastanza universale da far sembrare
tutti gli altri interessi dell’esistenza umana, commisurati a esso, meschini e limitati; finalizzato