Page 94 - Nietzsche - Genealogia della morale
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non senza grandi resistenze da parte della coscienza singola; gli altri, invece, si aggregano,
godendo proprio di questa aggregazione – poiché così facendo il loro istinto è tanto
soddisfatto, quanto l’istinto di chi è nato «signore» (cioè della specie solitaria di uomini
predatori) è irritato e preoccupato, in fondo, dalla organizzazione. Nel fondo di ogni
oligarchia – tutta la storia lo insegna – si nasconde sempre la voluttà di tirannide; ogni
oligarchia trema continuamente a causa della tensione di cui ogni suo singolo membro ha
bisogno per dominare questa voluttà. (Questo tipo di comportamento, per esempio, è greco:
cento passi di Platone Lo testimoniano, Platone che conosceva i suoi simili – e anche se
stesso...).
19.
I mezzi del sacerdote asceta, che abbiamo incontrato sino a questo punto – l’ottundimento
totale del senso vitale, l’attività macchinale, la piccola gioia, soprattutto quella dell’«amore
del prossimo», l’organizzazione gregaria, il risveglio del senso di potenza della comunità e, di
conseguenza, il fastidio di sé del singolo soverchiato dal suo piacere per la prosperità del
gruppo sono, visti in un’ottica moderna, i suoi strumenti innocenti nella lotta contro
l’insoddisfazione: consideriamo ora quelli più interessanti, quelli «colpevoli». In tutti è in
gioco una cosa sola: una certa perversione del sentimento – utilizzata come il mezzo più
efficace contro la sorda, lunga, paralizzante condizione di sofferenza; cosa per cui la fantasia
sacerdotale è stata addirittura inesauribile nello sviscerare questo solo problema: «Con quale
mezzo si provoca una perversione del sentimento?»... Quello che dico sembra duro: è chiaro
che sarebbe molto più piacevole e forse più gradevole all’udito se dicessi invece: «Il
sacerdote asceta ha sempre utilizzato a proprio vantaggio l’entusiasmo, che è insito in ogni
forte passione». Ma a quale scopo molcere ancora le orecchie infrollite dei nostri moderni
effeminati? A che scopo, da parte nostra, cedere anche solo di un passo alla tartuferia delle
loro parole? Per noi psicologi, questa sarebbe già una tartuferia dell’azione, a prescindere dal
fatto che ne saremmo nauseati. Infatti oggi uno psicologo fonda il suo buon gusto – (altri
direbbero: la sua onestà), se mai lo fondi su qualcosa, sull’opposizione a quella maniera
scandalosamente moralizzata di parlare che con il suo umore attaccaticcio s’infiltra in ogni
moderno giudizio sugli uomini e sulle cose. Poiché non dobbiamo ingannarci a questo
proposito: ciò che costituisce il segno distintivo più tipico delle anime moderne, dei libri
moderni, non è la menzogna, ma l’innocenza incorporata nella mendacia moralistica. dover
mettere ovunque allo scoperto questa «innocenza» – ciò costituisce forse la parte più
disgustosa del nostro lavoro, di tutto quel lavoro in sé non trascurabile, cui oggi deve
sobbarcarsi uno psicologo; è una parte del nostro grande pericolo, è una via, che forse
conduce proprio noi alla grande nausea... Non ho alcun dubbio su ciò a cui solo potrebbero
servire i libri moderni (posto che essi durino, cosa che certo non è da temere, e posto anche
che esista un giorno una posterità dotata di un gusto più severo, più duro, più sano) – su ciò a
cui servirebbe o potrebbe servire tutto quanto è moderno: potrebbe servire da emetico – e
questo grazie al suo raddolcimento e alla sua falsità morale, al suo profondamente intimo
femminismo, che si definisce volentieri «idealismo», e che crede anche di esserlo. I nostri
dotti di oggi, i nostri «buoni» non mentono – è vero; ma ciò non fa loro onore! La vera bugia,
la bugia autentica, risoluta, «onesta» (sul cui valore si ascolti Platone) sarebbe per loro