Page 91 - Nietzsche - Genealogia della morale
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o come una dieta scorretta (l’alcolismo del Medioevo; la follia dei vegetarians che in ogni

      modo  hanno  dalla  loro  l’autorità  di  Cristoforo  gentiluomo  shakespeariano);  o  come  una
      corruzione del sangue, la malaria, la sifilide, e simili (la depressione tedesca dopo la guerra
      dei trent’anni, che infestò mezza Germania di malattie orrende e che così preparò il terreno al
      servilismo  tedesco  e  alla  pusillanimità  tedesca).  In  un  caso  simile  si  tenta  sempre,  in
      grandissimo  stile,  una  lotta  contro  il  senso  di  insoddisfazione;  informiamoci  quindi
      brevemente sulle sue pratiche e forme più importanti. (Tralascerò qui completamente, come è
      ovvio, di parlare della tipica lotta dei filosofi, di solito, sempre simultanea, contro il senso

      d’insoddisfazione,  –  è  una  lotta  sufficientemente  interessante,  ma  troppo  assurda,  troppo
      praticamente  indifferente,  troppo  simile  a  una  tela  di  ragno,  troppo  da  scansafatiche:  per
      esempio, quando si vuole dimostrare che la sofferenza è un errore, con l’ingenuo presupposto
      che la sofferenza debba scomparire nel momento stesso in cui si scopre l’errore che vi si cela
      –  ma,  guarda  un  po’!  essa  si  guarda  bene  dallo  scomparire...).  Quella  insoddisfazione
      dominante si combatte in primo luogo con mezzi che riducono il senso della vita in generale a

      un livello infimo. Possibilmente, più nessuna volontà, più nessun desiderio; evitare tutto ciò
      che provoca passione, che fa «sangue» (non mangiare sale: igiene del fachiro); non amare; non
      odiare, imperturbabilità, non vendicarsi; non arricchirsi; non lavorare; chiedere l’elemosina;
      possibilmente  nessuna  donna,  o  meno  donne  possibile;  il  principio  di  Pascal  «il  faut
      s’abêtir», visto in una prospettiva spirituale. Risultato, detto in termini psicologico-morali,
      «distacco da sé», «santificazione», detto in termini fisiologici: ipnotizzazione – il tentativo di
      far arrivare l’uomo all’incirca a quello che per qualche specie animale è il letargo invernale,

      per molte piante dei climi torridi il letargo estivo, un minimum di dispendio energetico e di
      metabolismo,  in  cui  la  vita  continua  a  mala  pena  a  sussistere,  senza  raggiungere  ancora  la
      soglia della coscienza. Per questo scopo è stata spesa un’incredibile quantità di energia umana
      – forse invano?... È assolutamente fuor di dubbio che questi sportsmen  della  «sanità»,  che
      abbondano  in  quasi  tutte  le  epoche  e  in  quasi  tutti  i  popoli,  abbiano  in  realtà  trovato  una

      redenzione reale da ciò che combattevano con un training tanto rigoroso – in innumerevoli
      casi  essi  si  sono  realmente  redenti  di  quella  profonda  depressione  fisiologica,  grazie
      all’ausilio del loro sistema di mezzi ipnotici: ragion per la quale il loro metodo si colloca tra i
      più generali dati di fatto etnologici. E poi niente autorizza a includere, già di per se stesso, tra
      i sintomi della follia questo proposito di condurre alla fame la corporeità e i desideri (come
      ama fare una goffa genia di «liberi pensatori» e di nobili Cristofori mangiatori di roast-beef).
      Tanto più certo è invece il fatto che esso apre e può aprire la via a ogni specie di disturbi
      mentali,  a  illuminazioni  interiori,  per  esempio  come  nel  caso  degli  «esicasti»  del  Monte

      Athos,  ad  allucinazioni  ottico-  acustiche,  a  esplosioni  e  a  estasi  voluttuose  di  sensualità
      (Storia  di  Santa  Teresa).  L’interpretazione  che  di  questi  strati  viene  data  da  coloro  che  ne
      soffrono è stata sempre il più possibile fanaticamente falsa, cosa che si spiega benissimo: ma
      l’accento di convintissima gratitudine, che traspare già nella volontà di un’interpretazione di
      queste specie non deve affatto essere trascurato. Lo stato supremo, la redenzione stessa, quella

      quiete e quella ipnosi totale finalmente raggiunta, è per loro sempre un mistero in sé, che non
      può essere espresso nemmeno con i massimi simboli, come un sostare e ritornare al fondo
      delle  cose,  un  deporre  ogni  illusione,  come  il  «sapere»,  la  «verità»,  l’«essere»,  come  uno
      sganciarsi da ogni meta, da ogni desiderio, da ogni fare, un al di là anche del bene e del male.
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