Page 101 - Nietzsche - Genealogia della morale
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quello che sono, con gente obnubilata e scimunita che ha paura di una cosa sola:  acquistare

      coscienza.

         24.
         E  consideriamo  ora,  invece,  quei  casi  più  rari,  di  cui  parlavo,  gli  ultimi  idealisti  che
      esistono oggi tra i filosofi e i dotti: abbiamo in loro forse i ricercati avversari  dell’ideale
      ascetico,  i  suoi  contro-idealisti?  In  realtà  essi  credono  a  sé  in  quanto  tali,  questi
      «miscredenti» (poiché così sono tutti); sembra che proprio questo sia il loro ultimo resto di

      fede, essere avversari di questo ideale, tanto sono seri su questo punto, tanto appassionate si
      fanno in proposito le loro parole, i loro gesti: – e perciò dovrebbe essere vero, quello che essi
      credono? Noi «soggetti della conoscenza» siamo a poco a poco diventati diffidenti verso ogni
      tipo di credenti; la nostra diffidenza ci ha a poco a poco allenati a deduzioni opposte a quelle
      di una volta: cioè ogni volta che la forza di una fede appare troppo in primo piano, noi ne
      deduciamo una certa debolezza di dimostrabilità – addirittura l’improbabilità di quello che si

      crede. Neppure noi neghiamo che la fede «rende beati»: proprio per questa ragione neghiamo
      che la fede dimostri qualcosa – una fede forte, che rende beati, è un sospetto verso ciò in cui
      essa crede, non fonda «verità», fonda una certa verosimiglianza – dell’illusione. Cosa succede
      dunque in questo caso? – Questi negatori e appartati di oggi, questi incondizionati in una sola
      cosa,  nell’esigenza,  cioè,  di  una  pulizia  intellettuale,  questi  spiriti  duri,  severi,  morigerati,
      eroici,  che  sono  l’onore  dell’età  nostra,  tutti  questi  pallidi  atei,  anticristi,  immoralisti,
      nichilisti, questi scettici, efectici, tisici dello spirito (cosa questa che è comune, in un certo

      senso, a tutti, nessuno escluso), questi ultimi idealisti della conoscenza, i soli in cui oggi è
      viva e incarnata la coscienza intellettuale – e ritengono, in realtà, di essere il più possibile
      affrancati dall’ideale ascetico, questi «spiriti liberi, molto liberi»: eppure dovrò rivelare loro,
      quello  che  essi  stessi  non  possono  vedere  –  perché  sono  troppo  vicini  –:  questo  ideale  è
      invero anche il loro ideale, essi stessi oggi lo rappresentano e forse nessun altro, essi stessi

      sono  la  sua  creatura  più  spiritualizzata,  la  sua  schiera  più  avanzata  di  guerrieri  e  di
      esploratori,  la  sua  forma  di  seduzione  più  insidiosa,  più  tenera,  meno  afferrabile  –  se  in
      qualche modo sono un risolutore di enigmi, voglio esserlo con questa  enunciazione!...  Essi
      sono  ancora  ben  lungi  dell’essere  spiriti  liberi:  poiché  essi  credono  ancora  alla  verità...
      Quando i Crociati cristiani in oriente cozzarono contro quell’invincibile ordine di assassini,
      quell’ordine di spiriti liberi par excellence, i cui gradi inferiori vivevano in una obbedienza
      mai raggiunta da nessun ordine monastico, essi ricevettero per una qualche via anche delle
      indicazioni su quel simbolo e quel voto sacramentale, riservato solo ai gradi sommi, come

      loro secretum: «Nulla è vero, tutto è concesso»... Ebbene, questa era libertà dello spirito, con
      ciò anche la fede nella verità veniva liquidata... Uno spirito libero europeo, cristiano, si è mai
      smarrito  in  questa  proposizione  e  nelle  sue  labirintiche  conseguenze?  Conosce  forse  per
      esperienza il Minotauro di questa caverna?... Ne dubito e, più ancora, so che le cose stanno
      altrimenti  –  niente  è  precisamente  più  estraneo  a  questi  incondizionati  in  una  cosa  sola,  a

      questi cosiddetti «spiriti liberi», che la libertà e la liberazione in quel senso; in niente altro
      sono  più  strettamente  legati,  proprio  nella  fede  nella  verità  essi  sono  legati  strettamente  e
      assolutamente  come  nessun  altro.  Tutto  ciò  forse  lo  conosco  troppo  da  vicino:  quella
      venerabile  morigeratezza  filosofica,  cui  una  tale  fede  costringe,  quello  stoicismo
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