Page 9 - Nietzsche - Genealogia della morale
P. 9

Nietzsche  di  GM,  di  precludere  ogni  possibilità  all’oblio.  Si  tratta  di  intervenire

      energicamente sulla memoria: perché agisca, e agisca in un certo modo. Obbligare l’uomo
      a ricordare, e a ricordare in modo sempre più meccanico; «allevare un animale che possa
      fare promesse»: ecco – per Nietzsche – il compito primario della Morale. Che non è più,
      palesemente, un compito solo psicologico-educativo. La prospettiva, ormai, è sociologica.
      L’universo contemplato con orrore da Nietzsche è quello in cui l’individuo è manipolato
      fino (lo si è detto) nei più intimi recessi psichici; quello in cui la Morale diventa incisione a
      fuoco  nella  memoria  di  determinati  valori  –  e  «non  esiste  niente  di  più  terribile  e

      misterioso della mnemotecnica»17 quello in cui l’uomo è reso (grazie sempre all’opera della
      Morale)  «necessario,  uniforme,  uguale  tra  gli  uguali,  conforme  alla  regola  e  di
      conseguenza prevedibile».


         Morale come legittimazione delle relazioni economico- giuridiche elementari


         Non si deve credere che Nietzsche si limiti a delineare una genealogia solo psicologica
      della Morale come dominio. A proposito di un’altra costellazione di concetti «morali», lo
      smascheramento genealogico approda a un’interpretazione economico-giuridica di quegli
      stessi  concetti.  Si  allude  ai  concetti  di  pena,  di  punizione.  Essi  sono,  viene  più  volte
      suggerito in GM, i pilastri fondamentali non solo di tutta la Morale, sì anche di tutta la
      Civiltà moderna. Non per nulla intere schiere, intere generazioni di moralisti (e di filosofi,

      e di teologi) si sono affaticate a lavorare intorno a queste nozioni chiave. Per rafforzare
      anzi  la  loro  consistenza  e  credibilità  non  si  è  esitato  neppure  a  rivedere  l’immagine
      “classica” dell’essere umano. Si è, in particolare, attribuito un (illusorio e mistificante)
      libero volere all’uomo allo scopo di renderlo responsabile del proprio agire e, quindi, di
      poterlo  più  lontanamente  e  legittimamente  perseguire  e  condannare  per  determinati  atti.

      Ma questo lavoro secolare non ha raggiunto i risultati sperati. La costruzione morale – o
      antropologico-morale  –  del  meccanismo  colpa-punizione-pena  si  rileva,  a  saperla
      “leggere”  adeguatamente,  non  poco  fragile.  La  «volontà  di  verità»  sa  demistificare
      l’aspetto “visibile” di tale meccanismo, sa di svelarne l’inconfessabile sostanza occulta. Il
      freddo  sguardo  dell’«immoralista»  non  tarda  a  scoprire  la  vera  origine  (umana  troppo
      umana)  di  categorie  e  principi  ingannevolmente  presentati  come  universali  e  necessari.
      Tale origine, lo si è già preannunciato, è eminentemente economico-giuridica. Si prenda ad
      esempio la colpa. Opportunamente interrogata, la storia rivela la verità: che il concetto di

      colpa,  ben  lungi  dal  discendere  da  indiscutibili  premesse  metafisico-morali,  deriva  dal
      concetto  di  debito.  Non  è  che  l’estensione  al  campo  e  al  linguaggio  «morale»  di  un
      principio extra- (o pre-)morale. Esso nasce per Nietzsche, significativamente, a quel livello
      di rapporti umani al quale l’individuo è solo il polo di una transazione economica: al quale
      egli esiste solo in quanto rispetta (con le conseguenze che ne derivano) una certa situazione

      giuridicamente tutelata. Strumento per valutare l’uomo, tale categoria appare connessa con
      la natura costitutivamente «valutante» dell’uomo:

         Fissare i prezzi, misurare i valori, inventare equivalenze, scambi tutto ciò ha preoccupato il
   4   5   6   7   8   9   10   11   12   13   14