Page 4 - Nietzsche - Genealogia della morale
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Morale come dominio
      PER UNA RILETTURA DELLA « GENEALOGIA DELLA MORALE»





         Un’opera «inquietante»


         La Genealogia della morale (d’ora in poi, GM) fu scritta nella primavera-estate del 1887
      e  venne  pubblicata  nell’autunno  dello  stesso  anno.  Si  compone  di  tre  «dissertazioni»
      distinte, per quanto assai legate fra di loro: la prima sulla genesi delle nozioni di buono e
      malvagio, la seconda sui concetti di colpa, di cattiva coscienza «e simili», la terza sugli
      «ideali ascetici». Si tratta indubbiamente d’uno dei testi di Nietzsche più sconvolgenti e
      drammatici,  e  ciò  anche  nell’opinione  del  suo  autore,  che  definirà  un  giorno  le
      dissertazioni  «quanto  di  più  inquietante  sia  stato  scritto  fino  a  oggi ».  Opera  della
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      maturità, GM viene spesso collegata agli scritti cosiddetti «illuministici» di Nietzsche – da
      Umano, troppo umano, ad Aurora, alla Gaia Scienza – dei quali rappresenterebbe secondo
      alcuni  un  approfondimento.  In  realtà,  più  che  di  un  approfondimento  sembra  più  giusto
      parlare di una radicalizzazione, se non addirittura di un rovesciamento. E ciò non tanto per
      un  mutato  atteggiamento  verso  la  ragione  e  la  sua  capacità  di  dire  l’«inconfessabile»,

      quanto  per  la  perentorietà  con  cui  si  privilegia,  ora,  proprio  questo  «inconfessabile»,
      proprio ciò che sta oltre il razionale e lo condiziona e lo stravolge: per la decisione, ancor
      più, con cui si smontano, ben al di là delle categorie del sapere, i fondamenti stessi del
      pensiero e dei suoi moventi e intenzioni. Sotto questo profilo, GM, è un’opera «tragica»: e
      lo  si  avverte  distintamente  già  a  livello  espressivo,  di  scrittura.  Manca  il  divino  riso  di
      Zarathustra;  l’ironia  vi  ha  un  tono  più  amaro  e  crudele  degli  illuministici  sarcasmi  di
      Aurora;  la  scienza  non  è  più  «gaia».  Ma  non  ce  ne  stupiremo.  L’obiettivo  del  discorso
      nietzscheano  si  è  fatto  più  esclusivo.  La  spazio  per  le  alternative  e  le  eccezioni  è  stato

      eliminato.  Prima,  Nietzsche  ammetteva  ancora  il  mito  che  nutre  l’anima,  l’errore  che
      tonifica  istinti  e  pulsioni.  Ora,  opera  soltanto  la  «volontà  di  verità».  L’impegno,  ora,  è
      intenzionalmente  schematico  e  a  senso  unico:  si  tratta  di  smascherare  la  menzogna;  e
      basta. Un’opera, dunque, «inquietante». Seguendo una logica implacabile, la «volontà di
      verità» porta a distruggere, una dopo l’altra, tutte le certezze, tutti i fondamenti. L’ultima

      pagina  di  GM  scoprirà  che  il  dramma  dell’uomo  moderno  è  la  sua  mancanza  di
      «consistenza», di «senso». Espressione e conseguenza di questa scoperta, il nichilismo: che
      esibisce  pour  cause  le  sue  prime  credenziali  teoriche  proprio  in  questo  testo.  Ma  il
      nichilismo non è il solo tema “celebre” che prende corpo in GM. Qui troviamo tanti altri
      motivi  e  riflessioni  di  straordinario  rilievo,  destinati  spesso  a  una  ripresa  novecentesca
      ricca di risonanze e di implicazioni decisive. Si veda l’analisi (prefreudiana, e ci torneremo
      sopra)  degli  istinti  e  della  loro  repressione,  che  li  spinge  a  scaricarsi  rovinosamente

      nell’interno dell’individuo. Si veda, correlativamente, la scoperta, ovviamente memore di
      Dostoevskij ma aperta a tanto “altro”, del «sottosuolo» dell’uomo, teatro di eventi oscuri e
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