Page 6 - Nietzsche - Genealogia della morale
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Il programma di GM

         Il  programma  di  lavoro  enunciato  nelle  prime  pagine  di  GM  ha  scandalizzato  molti
      lettori.  Si  tratta  in  effetti  d’un  programma  di  sconcertante,  provocatoria  radicalità.  Per
      capirlo – per capirne anche le punte estreme – bisogna tener conto contemporaneamente
      del  proposito  nietzscheano  di  riesaminare  criticamente  certe  strutture  millenarie  del
      pensiero occidentale e le dottrine e posizioni morali prevalenti nell’ultimo Ottocento. Per

      un verso Nietzsche avverte bene, sotto la loro apparente «salute», l’intima estenuazione di
      quelle strutture. Per l’altro egli prova un infinito disgusto per i principi e i sistemi morali
      del  suo  tempo.  L’utilitarismo  e  la  sua  deprimente  mediocritas;  il  neokantismo  e  la  sua
      retorica  del  dover-essere;  l’idealismo  e  la  sua  astrattezza  dei  principi  e  dei  valori;  il
      positivismo e la sua conformistica dottrina dell’adattamento; l’evoluzionismo e il suo rozzo
      privilegiamento del più forte... Il quadro, per Nietzsche, non poteva essere più squallido.

      Non solo squallido, in verità; anche tremendamente negativo, in quanto coerente-armonico
      (pur nella sua eterogeneità) relativamente ad un principio almeno: la difesa della Morale
      come tale. È per questo che in GM Nietzsche affronta di petto non questa o quella dottrina
      etica, ma la Morale in sé: nei suoi «ingredienti», nei suoi assiomi di base, nei suoi obiettivi
      generati. Il primo passo consiste nella scoperta che, al di là di tutte le possibili divergenze,
      tutte le possibili morali crescono sugli stessi elementi invarianti: il bene e il male; il valore
      e  il  giudizio  di  valore;  il  merito  e  la  colpa;  la  ricompensa  e  la  punizione.  La  seconda

      scoperta  è  che  nessuno  ha  ancora  esaminato  la  ragion  d’essere,  la  legittimità  di  questi
      elementi. Finora, ad esempio si è discusso solo sui contenuti dei giudizi di valore. Ora, –
      bisogna  esaminare  invece  l’origine  di  tali  giudizi.  Bisogna,  ancor  più,  analizzare
      criticamente questi stessi valori: «porre in questione finalmente proprio il valore di questi
      valori».  E  quanto  al  bene  e  al  male:  «fino  a  oggi  nessuno  ha  minimamente  dubitato  o

      esitato nell’attribuire al “buono” più valore che al “cattivo” [...]. Come? e se il contrario
      rappresentasse la verità? Come? Se nel “bene” fosse insito anche un sintomo di regresso, o
      anche  un  pericolo,  una  seduzione,  un  veleno,  un  narcoticum,  grazie  al  quale  il  presente
      vivesse a spese del futuro?». è un’interrogazione/contestazione concernente gli (apparenti)
      dati primi ed auto-evidenti della Morale. O è, addirittura, la mise en question della Morale.
      Al convincimento secolare – «una Morale, di qualsiasi natura, ci vuole» – egli contrappone
      una domanda drammatica: e se la Morale, nonché essere il principale sostegno dell’uomo,
      fosse il massimo ostacolo al suo realizzarsi? se, in questo senso, esso fosse «il pericolo dei

      pericoli?».  Già  in  alcune  opere  precedenti  Nietzsche  aveva  denunciato  le  pretese  e  le
      mistificazioni della Morale. L’aveva presentata volta a volta come travestimento e come
      menzogna, come sublimazione e come esorcismo. Ora la caratteristica più propria di GM
      non  consiste  solo  nell’aver  sviluppato  fino  alle  estreme  conseguenze  questo
      «smascheramento»  della  Morale.  Consiste  anche  (e  soprattutto)  nell’avere  per  così  dire

      “smontato”  l’edificio  della  Morale  medesima,  mettendone  a  nudo  le  radici  occulte,  i
      meccanismi  ricorrenti  –  e  da  ultimo  la  sua  funzione  (o  vocazione)  “stravolgente”-
      repressiva.  La  prospettiva  «genealogica»  Il  punto  di  partenza  di  Nietzsche  è  nella
      persuasione  che  tutti  i  sistemi  morali  si  fondano  non  solo  e  non  tanto  su  premesse  non
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