Page 10 - Nietzsche - Genealogia della morale
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pensiero più antico dell’uomo in misura tale che, in un certo senso, il pensare è questo [...]
l’uomo si definiva come l’essere che stabilisce valori, stima e misura perché è l’«animale
valutante in sé» [...] si arrivò molto presto, con grande generalizzazione, a «ogni cosa ha il suo
prezzo»; tutto si può comprare al più antico e ingenuo canone morale della giustizia, all’inizio
di ogni «bontà» di ogni «equità», di ogni «buona volontà», di ogni «oggettività» sulla terra.
Se questa è la genealogia, la natura originaria della colpa, non ci stupiremo che il
correlato concetto di pena manifesti anch’esso un’essenza ben diversa da quella morale
teorizzata dalla casta dei dominanti. Sviluppatasi «prescindendo assolutamente da ogni
presupposto sulla libertà e non libertà del volere», la pena appare in prima
approssimazione solo la «rivalsa» d’un danno patito. Si tratta dunque d’una categoria,
dietro la quale ai sono non già intenzioni redentrici, perfezionatrici ecc., bensì la brutale
pretesa del risarcimento: la manifestazione, in ultima analisi, della volontà di potenza. Ma,
si badi, dir questo non significa privilegiare in sede interpretativa la radice psicologico-
vitale di una «realtà» assai più complessa. Persuaso che la genesi della pena vada
rintracciata dove si è detto, Nietzsche appare anche ben consapevole, ben rispettoso del
complicarsi e del diramarsi, nella storia della società umana, delle funzioni e dei
significati della pena medesima.
Pena come neutralizzazione, come impedimento di un ulteriore danno. Pena come
risarcimento del danno al danneggiato [...]. Pena come isolamento di una turbativa
dell’equilibrio [...]. Pena come installazione di timore [...]. Pena come una sorta di
compensazione per i vantaggi di cui il trasgressore ha goduto [...]. Pena come enucleazione di
un elemento che è in procinto di degenerare [...]. Pena come festa, cioè come violenza e beffa
ai danni di un nemico finalmente abbattuto. Pena come memorizzazione sia per colui cui essa
viene inflitta, il cosiddetto «miglioramento», sia per i testimoni dell’esecuzione. Pena come
saldo di un onorario [...]. Pena come compromesso con lo stato di natura della vendetta [...].
Pena come dichiarazione e norma di guerra contro un nemico della pace, della legge,
dell’ordine, dell’autorità, che si combatte con i mezzi che la guerra fornisce...!
Nonostante la sua lunghezza, questo eloquente catalogo, questa singolare mappa psico-
antropologica della pena meritava una citazione quasi per extenso. Essa non conferma solo
il talento osservativo e interpretativo di Nietzsche, la sua straordinaria capacità di
conferire “senso”, di istituire nessi e collegamenti “significanti”. Rivela anche quanto
infondata sia l’accusa di «riduzionismo» – tanto più di riduzionismo a matrice-destinazione
vitalistica – che gli viene mossa così spesso e da più parti. Terzo elemento cardinale del
sistema morale, la punizione. Anche in questo caso, soprattutto in questo caso, si tratta in
primo luogo di sottolineare con fermezza che questo principio/ categoria non ha alcuna
origine «morale». Tutt’al contrario, esso nasce da un humus animale che ne qualifica
rudemente le manifestazioni. Non ci vuole molto, in effetti, per scoprire che la punizione
esprime in prima istanza pulsione vendicativa, aggressività, violenza: si punisce «come
ancora oggi i genitori puniscono i figli, e cioè sotto l’impulso della collera per un danno
subìto, la quale si sfoga sull’autore del danno». Alla base della pratica punitiva opera non