Page 15 - Nietzsche - Genealogia della morale
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togliendogli le energie natural-vitali. Ma, si badi: l’ascesi non è soltanto una certa dottrina

      religiosa  o  una  certa  pratica  di  vita  –  pur  resa  pericolosa  dalle  proprie  vocazioni
      missionarie.  L’ascesi  è  in  realtà,  ancora  una  volta,  un’arma  psico-sociale:  l’arma
      spregiudicatamente  impiegata  da  un  determinato  gruppo  umano  per  conquistare  e
      mantenere  un  determinato  dominio.  Il  merito  di  Nietzsche  è  di  avere  seguito  quella  che
      appare una vera e propria “fenomenologia dell’ascesi” nelle diverse tappe e “figure”. In
      un  primo  tempo,  lo  si  è  detto,  l’ascesi  si  manifesta  come  “semplice”  rifiuto  personale-
      individuale della vita. Ci troviamo dinanzi alla testimonianza più impressionante di quello

      che  si  è  chiamato  sopra  il  “denaturamento”  dell’uomo:  di  quella  devitalizzazione
      dell’uomo moderno che (non lo si è forse notato abbastanza) è dolorosamente avvertita da
      molti  illustri  quasi  contemporanei  di  Nietzsche:  da  Flaubert  (Madame  Bovary,  la
      Correspondance), a Baudelaire (Le Spleen de Paris), a Ibsen (Hedda Gabler).

         L’asceta tratta la vita come una strada sbagliata che si dovrà ripercorrere, a ritroso, fino al

      suo inizio, o come errore che si confuta [...]. Letta da un pianeta lontano, la scrittura maiuscola
      della nostra esistenza terrestre potrebbe forse indurre alla conclusione errata che la terra sia il
      pianeta  ascetico  per  eccellenza,  un  nascondiglio  per  creature  scontente,  presuntuose  e
      disgustose, incapaci di liberarsi da una profonda noia di sé, della terra, della vita, e capaci
      invece di farsi tutto il male possibile, per il piacere di fare del male – probabilmente il loro
      unico piacere.


         Ma questo rifiuto è troppo totalizzante, troppo intenso e, si dovrebbe aggiungere (con
      paradosso  solo  apparente),  troppo  energico-vitale,  per  non  suscitare  il  sospetto  che,
      “dietro”, vi sia qualcosa d’“altro”. La scoperta di quest’“altro” segna il secondo tempo, o
      tappa, della fenomenologia dell’ascesi secondo GM. Nietzsche scopre che la sconcertante
      energia-vitalità dell’asceta esprime in lui un ben determinato e “positivo” «interesse della

      vita stessa». Scopre che nell’ascesi v’è un preciso, attivo, spietato progetto di dominio:

         qui domina un ressentiment senza pari, quello di un istinto insaziato e, di una volontà di
      potenza che vorrebbe dominare non su qualcosa della vita, ma sulla vita stessa, sulle sue più
      profonde, più forti e più sotterranee condizioni; qui si tenta di usare la forza per ostruire le
      sorgenti della forza; qui lo sguardo si rivolge, bilioso e infido, contro il benessere fisiologico,
      in particolare contro la sua espressione, la bellezza, la gioia.


         Ciò  che  Nietzsche  sta  smascherando  con  severa  lucidità  è  la  genealogia  reale  di  un
      determinato  atteggiamento  dottrinale-  esistenziale.  Come  sempre,  il  risultato  della
      genealogia è una dialettica: opportunamente interrogata, l’apparenza (dell’ascesi) manifesta
      un’essenza diversa e contraria:


         è dunque proprio il contrario di quanto pensano gli adoratori di questo ideale – la vita lotta
      in esso per suo tramite con la morte e contro la morte, l’ideale ascetico è un artificio nella
      conservazione della vita [...]. Il sacerdote asceta è il desiderio incarnato di essere altro, di
      essere  altrove  [...].  Questo  sacerdote  asceta,  questo  nemico  apparente  della  vita  questo
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