Page 18 - Nietzsche - Genealogia della morale
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uomo,  insomma,  pronto  a  obbedire  a  qualsiasi  padrone,  a  seguire  qualsiasi  bandiera,  a

      credere  in  qualsiasi  parola  d’ordine  purché  gli  diano  “consistenza”,  radicamento,
      sicurezza. Poco fiducioso (forse per superficialità, forse per preveggenza) nelle virtualità
      umane della classe operaria, Nietzsche ha visto intorno a sé solo il mondo borghese; e di
      questo  mondo  non  ha  potuto  che  preannunciare  lo  squallido  tramonto.  Non  ci  stupiremo
      pertanto se la pars construens di GM è pressoché inesistente. Bisognerebbe – leggiamo alla
      fine  della  seconda  Dissertazione  –  ancorare  alla  «cattiva  coscienza»,  o  meglio  ancora
      saper  respingere,  le  «tendenze  innaturali,  tutte  quelle  aspirazioni  alla  trascendenza,

      contrarie al senso, all'istinto, alla natura, all’animalità, in breve tutti gli ideali che sono
      esistiti sino a oggi, ideali che sono tutti ostili alla vita, ideali che denigrano il mondo». Ma
      questo  è  un  programma  puramente  intellettuale,  che  richiederebbe,  per  avere  qualche
      possibilità di riuscita, condizioni e forze ben più solide di quelle meramente intellettuali.
      Nietzsche,  del  resto,  ne  è  dolorosamente  consapevole:  «A  chi  rivolgersi  oggi  con  tali
      speranze  e  tali  esigenze?...  Proprio  gli  uomini  buoni  sarebbero  contro  di  noi;  e  poi,

      ovviamente, i pigri, i riconciliati, i vanitosi, i sognatori, gli stanchi». Insomma, tutti. E ciò
      perché  il  mondo  tutto  è  malato  –  e  la  sua  malattia  consiste  nell’accettarla,
      nell’accomodarvisi, nello sfruttarla. Simile al Capitale odierno, la Malattia nietzscheana
      tende a eternarsi, coinvolgendo in un modo o nell’altro tutti. Tutti, non esclusi gli artisti, i
      filosofi, gli scienziati. Tutti, perché tutti (lo si è già detto) hanno smarrito il senso della
      propria esistenza, e allora errano come labili insetti senza direzione né meta. Resta solo la
      speranza che questo mondo putrefatto si disfaccia da sé. Che la logica che ha distrutto tutte

      le logiche distrugga anche se stessa. Che la «volontà di verità» sappia oltrepassare anche
      quel deserto nichilista ch’essa stessa ha contribuito a costruire. Che la «volontà del nulla»,
      dopo  aver  travolto  tutto,  sprigioni  dall’affermazione  di  sé  una  nuova  positività.  Sullo
      sfondo, interlocutori inermi e sordi, passano per un istante i soli nemici reali dell’esistente.
      Sono  (fellinianamente)  i  «commedianti  dell’ideale».  Solo  a  coloro  che  possiedono,  con

      innocenza, il sorriso è dato di evocare l’utopia.

                                                                                                    Sergio Moravia


      1  Cfr. F. Nietzsche, Ecce homo, trad. it. di F. Masini, Milano, Adelphi, 1970, p. 362.


      2  Cfr. f. Nietzsche, Genealogia della morale, in questa edizione, p. 77. Nelle note seguenti verrà utilizzata la sigla GM, seguita
      dalla indicazione della pagina.


      3  Lo stesso Nietzsche (GM, p. 40) cita – pur criticamente – L’origine dei sentimenti morali di Paul Rée. Indtocento.
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