Page 17 - Nietzsche - Genealogia della morale
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accidia. Si tratta infatti di allevare non tanto inutili larve umane, quanto servi operosi.
Ecco perché si consiglia, in modo significativo e illuminante, di sfruttare gli «istinti
malvagi» essenzialmente «in vista dell’autodisciplina, dell’autocontrollo,
dell’autosuperamento». Sono fini, per il cui raggiungimento serve stupendamente la
Filosofia: naturalmente una certa Filosofia, quella i cui mezzi «riducono il senso della vita
in generale a un livello infimo», dando nel contempo la coscienza del dovere, il senso di un
obiettivo – gestiti, è chiaro, dalla casta ascetico-sacerdotale:
Possibilmente, più nessuna volontà, più nessun desiderio; evitare tutto ciò che provoca
passione, che fa «sangue» [...]; non amare; non odiare; imperturbabilità; non vendicarsi; non
arricchirsi; non lavorare; chiedere l’elemosina; possibilmente nessuna donna, o meno donne
possibile; il principio di Pasca| «il faut s’abêtir», visto in una prospettiva spirituale. Risultato,
detto in termini psicologico-morali, «distacco da sé»; «santificazione»; detto in termini
fisiologici: ipnotizzazione [...].
Vi sono anche altri sistemi, altri «mezzi innocenti» utili a modellare l’uomo in modo tale
che cerchi ragioni di essere non più in se stesso ma in “altro”. Sono l’«attività macchinale»,
la «benedizione del lavoro», la «gioia di procurare gioia»: «prescrivendo “amore per il
prossimo”, il sacerdote ascetico prescrive in fondo un’eccitazione all’istinto più forte e più
vitalistico anche se attentissimamente dosato – la volontà di potenza». L’orrifica rassegna
nietzscheana dei sistemi di asservimento – “rasserenamento” dell’uomo (concetti che si
richiamano tragicamente a vicenda, se è vero che per Nietzsche il Buono e il Contento sono
il Servo, e viceversa) non è, a rigore, terminata. Ci sarebbe da passare, dopo aver visto
quello dei «mezzi innocenti» (!) al catalogo dei «mezzi colpevoli». A cominciare magari da
quello detto dell’«utilizzazione del senso di colpa»: col quale i detentori dei Valori Morali
introiettano nei «deboli» la coscienza di essere non già dei «malati» bensì dei «peccatori»,
dopodiché costoro supererebbero la loro depressione-debolezza interpretandola come giusta
conseguenza dei peccati commessi, giungendo anzi, conseguenzialmente, a invocare «più
dolore! più dolore!» per ottenere la redenzione salvifica. Ma risparmieremo la nuova prova
al lettore. Gli chiederemo solo di comprendere il significato del nostro indugio su questa
parte di GM. Si trattava non solo di mostrare, nel suo luogo di maggiore evidenza, in qual
misura il meccanismo della Morale (con tutte le sue varie componenti: altruismo,
compassione, misericordia, buoni sentimenti, onestà, sudore-della-fronte...) sia il
meccanismo del Potere – o di un certo Potere. Si trattava anche di mostrare, più in
generale, che tutto il discorso di Nietzsche è molto meno “filosofico-generale” di quanto si
sia scritto finora. In effetti l’analisi nietzscheana smonta – ripetiamolo – con implacabile
precisione meccanismi psicologici reali, che da Freud a Binswanger, da Genet a Sartre, da
Laing a Cooper, dalla psicopatologia della famiglia alla psicopatologia del gruppo, sono
stati situati sempre più al centro della riflessione scientifico-terapeutica contemporanea.
Tale analisi mette anche a nudo – neppure questo è stato notato abbastanza – una precisa
immagine dell’uomo moderno. Un uomo fragile e nevrotico, preda di sentimenti mediocri e
di risentimenti abnormi. Un uomo senza obiettivi, senza ideali, senza significati connessi
con la propria esistenza autentica. Un uomo senza identità, senza volto, senza padre. Un