Page 16 - Nietzsche - Genealogia della morale
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negatore fa parte proprio delle più grandi forze conservatrici e creatrici in senso affermativo
della vita.
La fenomenologia dell’ascesi sta già prendendo consistenza. Ma non è certo terminata.
L’ulteriore spazio da essa percorso è quello sociale-collettivo. Questo terzo tempo (o tappa)
ha idealmente una premessa, che Nietzsche esprime con alcune tesi destinate a toccare
intensamente la generazione della Krisis otto-novecentesca. L’umanità è sofferente. L’uomo
è «l’animale malato». Il male oscuro che lo corrode è il senso di una perdita irreversibile di
senso. La modernità avverte dolorosamente «che qualcosa manca, che l’uomo è circondato
da un enorme vuoto». Questo vuoto è l’incapacità dell’essere umano di «giustificare
spiegare, affermare se stesso». Orbene, è precisamente questa condizione esistenziale che
viene sfruttata dall’asceta. L’asceta è un malato, come tutti gli altri esseri umani. Ma è un
malato che vuol reagire, traendo partito dalla malattia sua e di tutti i suoi simili. Nella
geniale analisi nietzscheana, i suoi obiettivi confermano quella che a noi, pare la tesi di
fondo di GM: la Morale come meccanismo di dominio. Tali obiettivi sono in effetti
riassumibili in questo, solo: il «dominio su chi soffre». Il successivo, e assai analitico,
esame della strategia impiegata dall’asceta per raggiungere detto obiettivo precisa il segno
di questo ultimo. Qui se ne indicheranno, molto brevemente, le fasi e le tecniche principali
– non senza avvertire fin d’ora il lettore che pochi testi hanno illustrato meglio di questa
Dissertazione la meccanica psico-sociale del sadismo – e per certi aspetti del
sadomasochismo. Bisogna, in linea generale, far prendere coscienza agli uomini della loro
malattia e del loro dolore. Solo così essi si consegneranno più facilmente nelle mani
dell’asceta. Bisogna poi organizzare efficacemente la lotta dei malati contro i sani. E
bisogna pubblicizzare gli esempi più alti di questo tipo di lotta. Ad esempio il
comportamento della donna malata: «nessuno la supera nella raffinatezza del dominare,
dell’opprimere, del tiranneggiare». Bisogna inoltre diffondere l’uso di tecniche precise,
facilmente attingibili sol che si getti uno sguardo nella «vita segreta di ogni famiglia, di
ogni corporazione, di ogni comunità». Tra le tecniche più efficaci si suggerisce quella della
«lotta muta»: «per lo più fatta di piccole polveri tossiche, di punture d’aghi, di
atteggiamenti d’ipocrita e astuta sopportazione e a tratti anche di quel farisaico modo di
fare del malato che recita più volentieri di ogni altra cosa la “nobile indignazione” con un
gestire rumoroso». Bisogna anche (cfr. uno dei paragrafi precedenti) impiegare la volontà
di fare il male, il ressentiment, contro i soggetti stessi che ne provano gli stimoli. È un
sistema, questo, che garantisce risultati sicuri sulla via d’un corretto, masochistico
annichilamento di sé. «Tutti coloro che soffrono sono terribilmente solleciti e ricchi di
inventiva nel trovare pretesti per passioni dolorose; godono già del loro sospetto, [...]
mettono a nudo le ferite più antiche, si dissanguano aprendo cicatrici ormai chiuse;
trasformano in malfattori l’amico, la moglie, il figlio e tutti quanti sono loro più vicini.
“Soffro: qualcuno deve averne la colpa” – questo pensa ogni persona malata». Occorre
peraltro sorvegliare questa furia annichilatrice, tendenzialmente suicida. Essa è talmente
selvaggia che potrebbe, forza centrifuga, far uscire l’individuo negli spazi del delirio, fuori
dall’orbita del solerte asceta. Il proposito del quale è invece sì di fiaccare la volontà di
potenza nelle sue vittime, una anche di evitare, o di far superare, in esse, una neghittosa