Page 60 - Nietzsche - Genealogia della morale
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molto di più che «amministrare»…
13.
Per tornare dunque in argomento, cioè alla pena, in essa si devono distinguere due aspetti:
da una parte, ciò che in essa è relativamente duraturo, l’uso, l’atto, il «dramma», una certa
severa sequenza di procedure, dall’altra ciò che in essa è fluido, il senso, lo scopo, l’attesa
collegata all’esecuzione di tali procedure. Qui si presuppone, per analogiam, secondo il
punto di vista, testé esposto, della metodologia storica, che la procedura stessa sarà qualcosa
di più antico, di precedente la sua finalizzazione alla pena; che quest’ultima è stata in un primo
tempo introdotta nella procedura (già da tempo esistente, ma intesa in un senso diverso) e
interpretata entro di essa; in breve, che le cose non stanno così come avevano ritenuto, fino ad
oggi, i nostri ingenui genealogisti della morale e del diritto, i quali pensavano tutti che la
procedura fosse stata inventata ai fini della pena, così come si era pensato che la mano fosse
stata fatta per afferrare. Per quel che riguarda l’altro aspetto della pena, quello «fluido», il suo
«significato», il concetto «pena» non ha più, in effetti, in uno stato molto tardo della civiltà
(per esempio nell’Europa di oggi) un unico significato, ma tutta una sintesi di «significati»: la
storia precedente della pena, la storia della sua utilizzazione agli scopi più diversi, finisce per
cristallizzarsi in una specie di unità difficile da districare, difficile da analizzare, e lo si deve
ribadire, assolutamente non definibile. (Oggi non è possibile dire con certezza per quale
ragione si applichi una pena: ogni concetto, in cui si concentri semioticamente tutto un
processo, si sottrae alla definizione; è definibile solo ciò che non ha storia). In uno stadio
precedente quella sintesi di «significati» appare invece più scindibile, ancora più mobile; è
ancora possibile percepire come, per ogni singolo caso, gli elementi della sintesi modifichino
la loro valenza e conseguentemente si ristrutturino, cosicché ora questo ora quell’elemento
emerge e domina a spese degli altri, anzi in certi casi, un elemento (come ad esempio lo scopo
dell’intimidazione) sembra eliminare tutti gli altri elementi. Per dare almeno una idea di
quanto sia incerto, pregiudiziale, accidentale il «significato» della pena e di quanto una sola e
identica procedura possa essere usata, interpretata, riordinata per intenti radicalmente diversi,
si consideri lo schema che mi si è offerto sulla base di un materiale relativamente limitato e
casuale. Pena come neutralizzazione, come impedimento di un ulteriore danno. Pena come
risarcimento del danno al danneggiato in una forma qualsiasi (anche in quella di una
compensazione d’affetti). Pena come isolamento di una turbativa dell’equilibrio, come
prevenzione di un progredire della turbativa stessa. Pena come instillazione di timore di fronte
a coloro che determinano e rendono esecutiva la pena. Pena come una sorta di compensazione
per i vantaggi di cui il trasgressore ha goduto fino a quel momento (per esempio, quando venga
utilizzato nelle miniere come schiavo). Pena come enucleazione di un elemento che è in
procinto di degenerare (in certi casi di tutto un ramo, secondo quanto avviene nel diritto
cinese: come mezzo, dunque, per conservare pura la razza o per la stabilizzazione di un
determinato tipo sociale). Pena come festa, cioè come violenza e beffa ai danni di un nemico
finalmente abbattuto. Pena come memorializzazione, sia per colui cui essa viene inflitta – il
cosiddetto «miglioramento», sia per i testimoni dell’esecuzione. Pena come saldo di un
onorario che la potenza si riserva per proteggere il malfattore dagli accessi della vendetta.
Pena come compromesso con lo stato di natura della vendetta, nella misura in cui questo viene