Page 55 - Nietzsche - Genealogia della morale
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organizzazione sociale e di associazione: dalle forme più rudimentali del diritto personale si è

      invece, prima di tutto, trasposto il nascente sentimento di scambio, contratto, debito, diritto,
      obbligo, compensazione nei più rozzi e iniziali complessi comunitari (nei loro rapporti con
      complessi  simili),  contemporaneamente  all’abitudine  di  paragonare  potenza  a  potenza,  di
      misurarle  e  calcolarle.  L’occhio  era  ormai  adattato  a  questa  prospettiva:  e  con  quella
      grossolana coerenza, tipica del pensiero della più remota umanità, lento nei movimenti e poi
      spietato nell’avanzare per la sua strada, si arrivò molto presto, con grande generalizzazione, a
      «ogni cosa ha il suo prezzo; tutto si può comprare» – al più antico e ingenuo canone morale

      della giustizia, all’inizio di ogni «bontà», di ogni «equità», di ogni «buona volontà», di ogni
      «oggettività» sulla terra. A questo primo livello, giustizia è la buona volontà tra uomini quasi
      pari per potenza, di volersi accordare gli uni con gli altri, di «intendersi» di nuovo con un
      accordo – e, in riferimento ai meno potenti, di costringerli a un accordo tra loro. –

         9.

         Sempre misurata sul metro della preistoria (la quale preistoria, d’altra parte, esiste in ogni
      epoca  o  è  sempre  di  nuovo  possibile),  anche  la  collettività  sta  con  i  suoi  membri  in  quel
      rapporto di base così importante che è quello del creditore verso i suoi debitori. Si vive in
      una  comunità,  si  gode  dei  vantaggi  di  una  collettività  (oh,  quali  vantaggi!  oggi  talvolta  li
      sottovalutiamo), si abita protetti, al riparo, in pace e nella fiducia, senza preoccupazioni per
      quello che riguarda certi danneggiamenti e atti di ostilità, ai quali è esposto l’uomo al di fuori,
      colui che è «escluso» – un tedesco conosce bene il significato originario del termine «Elend»

      (êlend) –, perché proprio per quello che riguarda questi danneggiamenti e atti ostili ci si è
      impegnati e si sono contratti obblighi verso la comunità. Che cosa accadrà nell’altro caso? La
      comunità, il creditore ingannato, si farà pagare come meglio potrà, ci si può contare. Si tratta
      qui, per lo meno, del danno immediato, che il danneggiatore ha provocato: a prescindere da
      ciò, colui che delinque è soprattutto colui che «viola», che rompe un patto o viene meno alla

      parola data contro il tutto, in relazione a tutti i beni e le piacevolezze della vita comunitaria,
      cui egli ha partecipato fino a quel momento. Il delinquente è un debitore che non solo non
      ripaga i vantaggi e gli anticipi di cui ha goduto, ma che passa addirittura a vie di fatto col suo
      creditore: dal che deriva, ovviamente, che a partire da quel momento non solo egli perderà
      tutti questi beni e vantaggi, ma gli verrà fatto anche ricordare che importanza hanno questi
      beni. L’ira del creditore danneggiato, della collettività, lo restituisce allo stato selvaggio e
      assolutamente fuori legge dal quale era stato fino a quel momento protetto: lo respinge dal suo
      seno  –  e  da  questo  momento  ogni  specie  di  ostilità  può  essere  esercitata  contro  di  lui.  La

      «pena»,  a  questo  livello  di  civilizzazione,  non  è  altro  che  la  riproduzione,  il  mimus  del
      comportamento normale contro il nemico odiato, disarmato e abbattuto, che ha perso non solo
      ogni diritto e protezione, ma anche ogni possibilità di grazia: dunque il diritto di guerra e la
      celebrazione di vittoria del Vae victis! in tutta la sua spietatezza e crudeltà – dal che si spiega
      che anche la guerra (compreso il culto sacrificale di guerra) ha offerto tutte le forme in cui la

      pena compare nella storia.

         10.
         Una comunità, acquistata maggior potenza, non prende più tanto sul serio le trasgressioni
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