Page 54 - Nietzsche - Genealogia della morale
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l’arte, che già conosceva a menadito, di giustificare se stessa, di giustificare il suo «male»;
oggi, forse, ci vorrebbero altre invenzioni ausiliarie (per esempio la vita come enigma, la vita
come problema della conoscenza). «Ogni male è giustificato, il cui spettacolo serva a
edificazione di un dio»: questa era la remotissima logica del sentimento – e in verità, era solo
quella dei primordî? Gli dei visti come appassionati di spettacoli crudeli – oh, quanto affonda
ancora nella nostra umanizzazione europea questa antichissima idea! si potrebbe chiedere
consiglio in merito a Calvino e a Lutero. Certo è, in ogni modo, che ancora i Greci non
sapevano offrire ai loro dei nessun altro più gradevole companatico alla loro felicità che le
gioie della crudeltà. Con quali occhi credete mai che Omero faccia guardare i suoi dei al
destino degli uomini? Quale senso ultimo ebbero, in fondo, le guerre troiane e altri simili
tragici orrori? Non è possibile dubitare: erano visti come spettacoli di festa per gli dei, e per
il fatto che il poeta, in ciò, ha una natura molto più «divina» degli altri uomini, esse erano
anche feste per i poeti… Non diversamente più tardi i filosofi greci della morale
immaginarono lo sguardo degli dei rivolto ai conflitti morali, all’eroismo e ai tormenti inflitti
a se medesimo di chi è virtuoso: l’«Eracle del dovere» era su un palcoscenico, e lo sapeva
perfettamente; la virtù senza testimoni, era per questo popolo di attori qualcosa di
assolutamente inconcepibile. Quella invenzione dei filosofi così audace e fatale, che allora fu
portata a compimento in Europa, l’invenzione del «libero arbitrio», della spontaneità assoluta
dell’uomo nel bene e nel male, non fu forse per statuire un diritto all’idea che l’interesse degli
dei per l’uomo, per la virtù umana, non può mai venire meno? Su questo palcoscenico terreno
non doveva certo mancare mai qualcosa di realmente nuovo, tensioni realmente inaudite,
intrecci e catastrofi: un mondo pensato in modo perfettamente deterministico sarebbe stato
facile da prevedere per gli dei e, di conseguenza, in breve lasso di tempo anche stancante –
motivo questo sufficiente per questi amici degli dei, i filosofi, per non affliggere gli dei con un
tale mondo deterministico! Tutta l’umanità antica è piena di delicati riguardi per lo
«spettatore», come un mondo essenzialmente pubblico, essenzialmente palese, che non sapeva
immaginarsi la felicità senza spettacoli e feste. – E come ho già detto, anche nel grande castigo
è insito molto di festivo!…
8.
Il sentimento della colpa, dei nostri obblighi personali, per riprendere il filo della nostra
ricerca, ha avuto, come abbiamo visto, le sue radici nel rapporto interpersonale più antico e
originario che si sia mai dato, nel rapporto tra compratore e venditore, creditore e debitore:
qui, per la prima volta, si contrapponeva persona a persona, qui, per la prima volta, la persona
si misurò alla persona. Non è stato ancora trovato un grado di civilizzazione, tanto basso in
cui non si notasse qualcosa di questo rapporto. Fissare i prezzi, misurare i valori, inventare
equilivalenze, scambi – tutto ciò ha preoccupato il pensiero più antico dell’uomo in misura
tale che, in un certo senso, il pensare è questo: qui è stata allevata la forma più antica di
intelligenza, qui si potrebbe supporre anche l’avvio primo dell’orgoglio umano, il suo
sentimento di superiorità nei confronti degli altri animali. Forse il nostro termine «Mensch»
(manas) esprime proprio parte di questo sentimento di sé: l’uomo si definiva come l’essere
che stabilisce valori, stima e misura perché è l’«animale valutante in sé». La compravendita,
con tutti i suoi attributi psicologici, è più antica anche degli inizi di ogni altra forma di