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40 Novelle                                                              Hans Christian Andersen

            Cantava la gioia di poter volare liberi nell'alto, cantava il verde tenero del frumento giovane, nei
            campi, ed i bei viaggi che si possono fare nell'aria quando si è padroni delle proprie ali. Il povero
            uccello non era davvero di buon umore, così prigioniero nella sua gabbia.
                   La pratellina avrebbe tanto desiderato di venirgli in aiuto: sì, ma come? Era difficile trovare
            il modo. Essa scordò completamente come tutto fosse bello d'intorno, come il sole fosse caldo,
            persino come fossero lucenti le sue foglioline. Ah, non sapeva pensare che all'uccello prigioniero,
            per cui nulla poteva fare!
                   In quel momento, capitarono due fanciulli, che uscivano dal giardino: uno d'essi aveva in
            mano un coltello, grande ed appuntito come quello della ragazza che aveva tagliato i tulipani. E si
            diressero proprio verso la pratellina, la quale non sapeva capire che mai volessero fare.
                   «Qui possiamo sterrare un magnifico pezzo di prato per l'allodola!» — esclamò uno dei
            ragazzi; e incominciò ad incidere con il coltello, profondamente, un piccolo quadrato intorno alla
            pratellina, così che essa si trovò a stare nel mezzo della zolla.
                   «Strappa il fiore!» — disse l'altro ragazzo; e la pratellina rabbrividì tutta dallo spavento,
            poichè essere strappata voleva dire perder la vita, proprio ora che desiderava tanto di vivere, per
            andare con la zolla d'erba nella gabbia dell'allodola prigioniera.
                   «No, lasciala stare,» — disse l'altro ragazzo:  «ci sta anzi bene!» E così lasciarono la
            margheritina, che fu portata nella gabbia dell'allodola.
                   Ma il povero uccellino si lamentava forte della perduta libertà, e sbatteva le ali contro le
            sbarre della gabbia; e la margheritina non poteva parlare, non poteva dirgli una parola di conforto,
            per quanta voglia ne avesse. E così passò tristamente la mattinata.
                   «Non c'è acqua!» — disse l'allodola prigioniera. «Se ne sono andati tutti, ed hanno
            dimenticato di lasciarmi una gocciola d'acqua da  bere. Ho la gola secca, come infocata: mi par
            d'averci ora il fuoco ora il ghiaccio, e l'aria è così greve!... Ah, mi tocca morire, mi tocca lasciare il
            sole caldo e la fresca verzura e tutte le belle cose che il Signore ha create!» Cacciò il piccolo becco
            dentro all'erba fresca, per cercarvi un po' di ristoro, e allora soltanto scorse la pratellina; la salutò, la
            baciò col becco e le disse: «Anche tu devi appassire qua dentro, povero fiorellino! Te e la piccola
            zolla d'erba mi hanno dato, in cambio di tutto il mondo di fuori, che prima era mio. Ogni filo d'erba
            avrebbe ad essere per me come un albero verdeggiante: ognuna delle tue bianche foglioline, un fiore
            profumato. Ahimè, voi soltanto mi raccontate quanto e quanto ho perduto!»
                   «Ah, saperlo consolare!» — pensava la margheritina; ma non poteva muovere nemmeno una
            foglia; solo il profumo che esalavano i piccoli petali era molto più acuto del solito. Ciò non isfuggì
            all'uccellino, e sebbene si struggesse dalla sete e strappasse nell'angoscia anche l'erba verde, lasciò
            intatto il piccolo fiore.
                   Calò la sera, e nessuno comparve; nessuno portò al povero uccelletto una goccia d'acqua.
            Egli spiegò allora le belle alucce, sussultò in un ultimo spasimo; il canto divenne un melanconico
            pigolìo, il capino si chinò sopra il fiore, ed il cuore si spezzò, nell'inedia e nella tristezza. E allora,
            nemmeno il fiore potè chiudere le foglioline e addormentarsi come la sera innanzi; malato e triste, si
            chinò a terra anch'esso.
                   Soltanto la mattina dopo vennero i ragazzi, e quando videro l'uccellino morto, piansero; e
            con molte lacrime lo seppellirono in una bella tomba,  tutta ornata di petali  di fiori. Il cadavere
            dell'allodola fu posto in una bella scatola rossa: doveva avere sepoltura regale, povero uccellino!
            Mentre viveva e cantava, lo dimenticarono, lo tennero  in prigione e gli  lasciarono mancare il
            necessario: ora, gli dedicavano tanto sfarzo e tante lacrime.
                   Ma la zolla d'erba con la margheritina fu buttata tra la polvere della strada maestra: nessuno
            pensò al fiore, che solo fra tutti aveva avuto compassione del povero uccellino, e avrebbe tanto
            desiderato di confortarlo!...









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