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40 Novelle Hans Christian Andersen
LA MARGHERITINA
Stammi un po' a sentire.
Sai che in campagna, vicino alla strada maestra, c'è una villa: devi averla veduta anche tu,
certo, una volta o l'altra. Dinanzi alla villa c'è un giardinetto, con tanti fiori e una bella cancellata
dipinta. Al di fuori della cancellata, sull'orlo del fossetto, tra l'erba verde e folta, c'era una volta una
margheritina, — sai bene, una piccola pratellina. Il sole splendeva su di essa tiepido e chiaro come
sui grandi fiori di lusso dentro della cancellata; e così la pratellina cresceva a vista d'occhio, sin che
una mattina si trovò in piena fioritura, con tutte le foglioline bianche e lucenti spiegate come raggi
intorno al piccolo sole giallo del centro. A lei nemmeno passava per la mente d'essere un povero
fiorellino disprezzato, cui nessuno avrebbe degnato di uno sguardo, là, tra mezzo l'erba; oh, no: era
tutta contenta, si volgeva dalla parte del sole, guardava su ed ascoltava l'allodola che cantava,
nell'alto. Si sentiva felice come se fosse stata festa grande, ed invece era un lunedì, e tutti i bambini
erano alla scuola. E mentre essi, seduti sui loro banchi, imparavano tante cose, la margheritina se ne
stava composta, sul suo piccolo stelo verde, ed imparava anch'essa, dal sole caldo e da tutto quanto
la circondava, come sia buono il Signore; e godeva che l'allodoletta cantasse così bene e così chiaro
tutto quello ch'essa sentiva dentro, confusamente, ma non sapeva dire. La pratellina guardava su,
con un certo senso come di riverenza, al felice uccelletto, che sapeva cantare e volare; ma non era
punto afflitta per non poter fare altrettanto. «Io vedo ed ascolto,» — pensava: «ed il sole mi
illumina, e la brezza mi bacia! Oh, quanto bene mi toccò in sorte!»
Dietro alle sbarre della cancellata, stavano molti fiori impettiti ed aristocratici; tanto meno
profumo mandavano, tanto più alto levavano il capo, superbamente. Le peonie si gonfiavano per
parer più grandi delle rose: ma non è la grandezza esteriore quella che importa. I tulipani avevano i
più splendidi colori, e lo sapevano bene, e si tenevano sempre ritti per farsi meglio vedere.
Nemmeno degnavano d'uno sguardo la pratellina appena sbocciata; ed essa quindi, tanto più li
guardava, e pensava: «Come sono belli e ricchi! Certo che il magnifico uccello scenderà vicino ad
essi e farà loro una visita. Ringrazio Dio d'essere così vicina e di poter ammirare anch'io i signori.»
E proprio mentr'essa pensava questo... Quirrevit! — ecco che l'allodola venne volando, ma non
verso le peonie e i tulipani; no, venne giù invece tra l'erba, presso all'umile pratellina, che per la
grande gioia fu così commossa, da non saper più che pensare.
L'uccellino le fece intorno un balletto, cantando «Com'è vellutata l'erba! che grazioso
fiorellino, con l'oro nel cuore e l'argento sulla veste!» Il puntino giallo nel piccolo fiore del prato
brillava davvero come l'oro, e le foglioline all'ingiro luccicavano come l'argento.
Quanto fosse beata la pratellina, no, nessuno può immaginare! L'allodola la baciò col becco,
le cantò una canzone, e poi s'alzò di nuovo nell'azzurro. Ci volle un buon quarto d'ora perchè il
fiorellino si riavesse. Mezzo vergognoso e pur lieto nell'intimo suo, si guardò attorno, guardò verso
i fiori dentro al giardino. Essi erano stati testimoni dell'onore, della felicità che le era toccata in
sorte; dovevano comprendere quale gioia fosse quella. Ma i tulipani si rizzavano sempre duri duri,
allo stesso modo di prima, ed avevano il viso lungo e rosso infocato dalla rabbia. Le peonie avevano
addirittura la testa di traverso: fortuna che non potevano parlare: se no, chi sa la ramanzina che
avrebbero spifferata! Il povero fiorellino capiva bene che non erano di buon umore, e ciò gli
rincresceva proprio tanto. In quella, venne nel giardino una ragazza con un grande coltello
appuntito, che luccicava di lontano; andò ai tulipani e li tagliò uno dopo l'altro. «Uh!» — sospirò la
pratellina: «Che orrore! Ecco ch'è finita per loro!» La ragazza se ne andò con i tulipani; e la
pratellina si rallegrò tutta di non essere che un povero fiore di prato, e di starsene lì fuori, tra l'erba.
Si sentiva piena di riconoscenza, e quando calò il sole, chiuse le sue foglioline e si addormentò; e
sognò tutta la notte del sole e dell'allodola.
Quando, la mattina, il fiore stirò di nuovo all'aria le piccole foglie, quasi piccole braccia,
riconobbe la voce dell'uccello; ma la canzone era triste. Ahimè, la povera allodola aveva ben
ragione d'essere triste, perch'era stata presa, ed ora si trovava in una gabbia presso la finestra aperta.
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