Page 20 - 40 Novelle
P. 20
40 Novelle Hans Christian Andersen
del giovinetto, si incaricò di parlarne al Re, ed ottenne che fosse mandato al liceo di Slagelse, per
tre anni, a spese dello Stato, a fine di prepararsi agli esami universitari. Da allora in poi, il buon
vecchio Consigliere gli aperse il suo cuore e la sua casa, e Hans riebbe un padre ed una famiglia, di
cui per tutta la vita ricambiò l'affetto con la più devota gratitudine.
Quanto alla protezione del Re, essa non gli venne mai meno. Federico VI fornì all'Andersen
il tipo di que' suoi re e imperatori patriarcali, che si affrettano in persona ad aprire quando sentono
picchiare all'uscio, e se debbono correre a vedere quel che accade nella corte rustica, «si tirano su
prima le pantofole dietro, perchè hanno il vizio di acciaccarle col calcagno.» A Federico, l'Andersen
tributò sempre la più affettuosa venerazione, e soleva dire commosso che le ultime parole di lui
erano caratteristiche della sua bontà. «Che freddo!» — aveva detto il buon Re morente: «Bisogna
pensare alla legna per i poveri.»
* *
Da quando, nell'autunno del 1823, l'Andersen si recò al liceo di Slagelse, l'invernata
dell'anitroccolo si può dire finita. Ma perchè i suoi compatrioti si avvedessero ch'egli era veramente
un cigno, ci vollero molti e molti anni ancora; e se non ebbe più a patire la fame ed il freddo, non gli
furono risparmiati dolori e pene.
A Slagelse, in tanto, il severo Rettore Simone Meisling non si sapeva capacitare che un
ragazzo così ignorante, a diciott'anni, da doverlo mettere nella classe dei piccoli, a imparare «le
cose che tutti sanno», potesse davvero essere dotato di tanto ingegno, quanto i suoi protettori
credevano. E le lettere del povero Hans, che a' suoi protettori si sforzava in vece di far onore, e si
dibatteva tra le difficoltà vere del greco, del latino, dell'ebraico e quelle che gli creava la stessa
indole sua, poco adatta e meno assuefatta allo studio diligente e indefesso, fanno fede delle sue pene
e della profonda bontà di Jonas Collin, che ne sorreggeva la volontà come un vero padre. Se il
Rettore Meisling, ch'era bensì severo, ma non cattivo, avesse veduto quelle lettere e le risposte del
Collin, avrebbe potuto convincersi che per la sensibilità quasi morbosa del suo strano allievo meglio
d'ogni severità sarebbe giovata una buona parola.
Anche a proposito dei critici, che gli amareggiarono tanta parte della vita, l'Andersen
lamentava che non comprendessero come ogni lode, ogni segno di benevolenza lo rendesse umile e
severo con se stesso, mentre gli attacchi brutali suscitavano nell'anima sua un senso di ribellione. E
come furono terribili, in vece, i critici, per i suoi primi tentativi! Soltanto nel 1835, quando pubblicò
il romanzo L'Improvvisatore, il suo trionfo fu assicurato; ma prima, quanti dolori, per l'ostilità
incontrata dai suoi volumetti di versi, dai lavori teatrali, e persino da quel poema drammatico
Agnete e l'uomo del mare, tratto dalla vecchia ballata danese di Agnete, di cui s'era tanto
innamorato, che si reputava sicuro della fortuna!
L'Improvvisatore era «il suo figliuolo italiano». Quando Re Federico gli aveva accordata una
modesta borsa di viaggio, l'Andersen aveva potuto spiccare il volo come le sue care rondinelle —
10
vidt, vidti, vidt! — ed aveva potuto finalmente visitare l'Italia. L'Improvvisatore contiene
descrizioni così belle del nostro paese, e inspirate ad un entusiasmo così comunicativo, che se
stabilirono per sempre la fama dell'Autore, costituiscono per noi una ragione di perenne gratitudine
verso chi ha tanto amato la nostra terra. Il romanzo è di soggetto italiano; italiano è Antonio, il
protagonista, ch'è evidentemente un autoritratto; Annunziata, la cantatrice, fu pensata a Napoli,
dopo che l'Andersen ebbe sentita la Malibran nella Norma: e tra le migliori pagine del libro è una
descrizione della grotta azzurra di Capri, ch'è rimasta classica nei Paesi del Nord, com'è classico il
paesaggio italiano di Pollicina.
Da allora in poi, anche la critica dovette inchinarsi; ma l'Andersen, non si contentò di esser
posto, per questo e per altri lavori, tra i migliori romanzieri della Scandinavia. Il suo sogno, la sua
aspirazione, la sua manìa, era il teatro; e l'effimero ma rumoroso trionfo del suo dramma Il Mulatto
(10) In danese: «lontano, lontano, lontano».
18