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40 Novelle                                                              Hans Christian Andersen

            col suo tesoro, tutta felice. Poco dopo, udendo un gran vocìo nel cortile, si affacciò alla finestra, e
            vide la nonna che teneva in mano la sua moschea, e la esaminava con un sorriso sodisfatto, mentre
            la nipotina strillava perchè le avevano tolta la sua legittima proprietà, ed una folla di marmocchi
            circondava la vecchia per vedere quel capolavoro. Più tardi fu picchiato all'uscio della sua camera, e
            la padrona comparve con un piatto di panpepati «Vede, Signoria?» — diss'ella: «Io faccio i migliori
            panpepati che si trovino in tutta la montagna, ma ho ancora le forme che usava la mia nonna. Ella,
            che sa ritagliare tanto bene la carta, non potrebbe farmi di grazia qualche forma nuova?»
                   «E così io passai tutta quella lunga sera d'estate a tagliar fuori forme di panpepati — molini
            a vento, ch'erano insieme molini ed uomini, molini con le pantofole appuntite ed uomini con uno
            sportello aperto nello stomaco, e ballerine che alzavano la punta di un piede verso le stelle... Spero
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            che rimarrò immortale nella montagna svedese, almeno nelle forme dei panpepati» .
                   Alle sue novelle, l'Andersen non dava da prima maggiore importanza che alle forme per i
            panpepati od ai piccoli guerrieri e alle damigelle di carta colorata, che facevano andare in visibilio i
            suoi piccoli amici. Raccontava come gli veniva, come scriveva a Minni od al piccolo Guglielmo,
            quand'era lontano; ed anche quelle letterine, al pari delle novelle, sono veri capolavori: «Di' a
            Guglielmo che quella mosca, alla quale ho tentato di allungare una manata, non voleva se non
            vedere un momentino com'era fatto, e nient'altro. Me l'ha giurato lei; e dice che può dare la prova
            ch'era la mano di Guglielmo, — era così sudicia!... Anzi, nel volar via, ha veduto persino le unghie
            piene di terra. A chi ho da credere? alla mosca o a Guglielmo? Digli poi che quella mosca era una
            principessa con le ali, e che suo padre vive ancora e regna sulle rose...»
                   Così pure, istintivamente, senz'alcuna pretensione didattica, trovava sempre il modo
            migliore per insegnare ai bambini tutto quel che voleva. Basti citare l'esempio del piccolo Tuk, di
            cui la novella prettamente danese non fu inserita a caso nella presente raccolta. Se anche da noi si
            insegnasse la geografia, nei primi anni, col metodo usato nei sogni del piccolo Tuk, valendoci, in
            vive pitture, dei particolari più curiosi, delle leggende, delle somiglianze di nomi, persino dei modi
            di dire familiari al nostro popolo, — se ci si persuadesse, in somma, che non s'impara se non
            quando ci si diverte, o, almeno, che non s'impara durevolmente se non così, la comune degli Italiani
            non meriterebbe più tanto il noto rimprovero «di non sapere la geografia.»

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                   Nel 1835, a Natale, fu messo per la prima volta in vendita, al tenue prezzo di cinquanta
            centesimi, un piccolo libro di strenna che conteneva le quattro prime novelle dell'Andersen:
            L'acciarino, Cecchino e Ceccone (Lille Claus og Store Claus), La principessina sul pisello, e I fiori
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            della piccola Ida. Ma sin dal 1829, in un volumetto ch'ebbe discreta fortuna,  erano apparse in
            germe le novelle di Serralocchi e dei Mesi dell'anno; e nel '30, in fondo ad un volumetto di versi, la
            prima vera e propria Eventyr intitolata Il morto 15 . A quel tempo, però, soltanto una donna vide
            lontano nell'avvenire: la moglie del poeta Ingemann, la quale, a proposito di questo Morto, scriveva
            all'autore: «I piccoli elfi della nostra fanciullezza mi sembrano, dopo tutto, i vostri buoni genii; sono
            sicura ch'essi v'indicheranno la via giusta, nel bel cielo azzurro.»
                   Più tardi, quando uscirono i primi volumetti di novelle, soltanto il suo ottimo amico Hans
            Christian Orsted (lo scienziato che scoperse l'influenza della corrente elettrica sull'ago magnetico)
            scrisse all'Andersen: «l'Improvvisatore ti farà celebre, ma le fiabe ti faranno immortale.»
            L'Andersen, del resto, pur compiacendosene, non ne fu punto persuaso; come avrebbe risposto con
            un sorriso d'incredulità a chi gli avesse detto, che dei suoi romanzi, la parte che vivrà immortale,
            oltre alla descrittiva, è quella che narra qualche squisito idillio di bambini — di Cristiano e della


                   (13)  I Sverrig (Nella Svezia), pagg. 126 e 189.
                   (14)  Fodreise fra Holmens Kanal til Östpynten af Amager (Viaggio a piedi dal Canale di Holm sino alla punta
            orientale di Amager).
                   (15)  Dödningen.

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