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40 Novelle                                                              Hans Christian Andersen

            questo genere: God Morgen, signor Padre, haben Sie well dormi?
                   Oramai, il piccolo Hans non era più piccolo: s'era fatto lungo e magro, e di una bruttezza
            quasi buffa. Poi che aveva una voce discreta, s'era messo in capo che quella avesse ad essere la sua
            fortuna; e per esercitare la voce, andava fuor di porta e girava per i campi, cantando e gesticolando.
            E i monelli si prendevano beffe di lui, gridandogli dietro: «Ecco lo scribacchino di commedie!» —
            e lo rincorrevano e lo perseguitavano, proprio come facevano le oche e i polli col brutto anitroccolo
            ch'era poi in vece un cigno. E Hans scappava a  casa tutto mortificato, e si rintanava nel suo
            cantuccio a piangere e a pregar Dio di aiutarlo, perchè nell'aiuto di Dio aveva una fede incrollabile,
            che non si smentì mai, nemmeno nei giorni più tristi.
                   Era in lui come una vaga coscienza dell'ingegno che Dio gli aveva dato, ma senz'alcuna idea
            della piega che tale ingegno avrebbe potuto prendere. Non sapeva nulla di ortografia nè di
            grammatica, e pure pretendeva di scrivere versi e commedie... Certo, le sue aspirazioni di allora
            dovevano sembrare sogni pazzamente ambiziosi a quei pochi signori di Odense che l'avevano preso
            a ben volere e si proponevano di avviarlo ad un buon mestiere: dovevano far loro lo stesso effetto,
            nè più nè meno, che producevano sul suo savio amico micio e sulla gallina Gambacorta le velleità
            dell'anitroccolo. La mamma, che lo vedeva tutto il giorno con l'ago in mano, a cucire tanto bene, e
            con tanto gusto, i vestiti de' suoi burattini, pensò di fargli fare il sarto; ma egli non ne volle sapere.
                   Aveva tredici anni, quando capitò a Odense una compagnia di attori del Teatro Reale di
            Copenaghen, e diede un corso di recite, che fece epoca nella piccola città. Figurarsi se Hans non
            fece subito amicizia col bigliettario! Ed era così buono e servizievole, e così divertente nel suo
            ingenuo entusiasmo, che ottenne di entrare in teatro ogni sera, e di assistere allo spettacolo, di tra le
            quinte, e persino gli fu concessa, ogni tanto, qualche particina di comparsa. Pareva impazzito dalla
            gioia! Guardava agli attori come fossero qualche cosa più che uomini e donne di carne e d'ossa e
            naturalmente si persuase sempre meglio che la carriera per cui era nato fosse proprio quella del
            teatro. Gli attori parlavano tra loro di un grande ballo fantastico, che pareva, a sentirli, cosa ben più
            grandiosa ancora di ogni commedia, e di certa Madama Schall, che doveva  esserne di sicuro la
            regina o giù di lì; e Hans, il quale nemmeno sapeva che roba fosse propriamente un ballo fantastico,
            immaginò senz'altro in questa signora Schall la fata benefica che aveva a spianargli la via della
            fortuna ed a schiudergli il paradiso de' suoi sogni.
                   A Odense c'era allora uno stampatore che  si chiamava Iversen. Hans non lo aveva mai
            veduto, ma sapeva che alcuni attori della Compagnia Reale erano stati spesso a desinare da lui.
            «Quello lì deve conoscerli bene!» — pensò: «Certo ch'egli saprà tutto!» E andò da lui,
            risolutamente.
                   «Voglio andare a Copenaghen a cercar fortuna, perchè la mia vocazione è il teatro,» — gli
            disse, «e son venuto da lei per un favore. Vuol  darmi una lettera di presentazione per Madama
            Schall?»
                   «Ma io non l'ho mai vista nè conosciuta!» — esclamò il buon vecchio, sbalordito.
                   E poi, paternamente, tentò di far entrare in capo al ragazzo che la sua era una pazzia bella e
            buona, che la fortuna non viene già nella vita così, come nelle novelle, e ch'era molto, ma molto
            meglio che si mettesse a lavorare, ad un buon mestiere...
                   «Ah, questo sarebbe un vero delitto contro la Provvidenza!» — esclamò Hans con enfasi. E
            il buon vecchio rimase così colpito dall'aria di sicurezza del fanciullo, e dalla sua fede nell'ingegno
            che la Provvidenza gli aveva dato per metterlo a frutto, che non osò più fiatare... e gli scrisse la
            lettera di presentazione per la ballerina che non aveva mai vista nè conosciuta.
                   Rimaneva da persuadere la mamma, ma non ci volle molto: «Sai,» — disse il ragazzo: «si fa
            sempre così anche nei libri: prima si traversa un mondo di guai, e poi si diventa famosi.»
                   La mamma scrollò il capo, un po' dubbiosa; e andò ad interrogare una vecchina dell'ospizio,
            che la sapeva lunga. Questa, dopo aver fatto depositare parecchie volte certi fondi di caffè, ed aver
            esaminato ben bene le figure che la posatura formava, dichiarò che Hans Christian sarebbe divenuto
            un grand'uomo, e che Odense sarebbe illuminata una sera in suo onore. Allora, Anna Maria non
            esitò più. Fece un fagottino di panni del suo Hans, gli diede tutto quel che potè raggranellare —
            quindici talleri reali, che son circa quarantacinque lire delle nostre, — e lo lasciò partire per

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