Page 21 - 40 Novelle
P. 21

40 Novelle                                                              Hans Christian Andersen

            rafforzò sempre più tale manìa. Il buon successo era dovuto alle idee liberali che andavano
                                                             11
            facendosi strada a quel tempo in tutta Europa,  più che al merito artistico del lavoro; ma
            l'Andersen, che aveva sempre attribuito i proprii fiaschi alla malevolenza dei censori teatrali, volle
            armarsi di una prova; e presentò, qualche tempo dopo, al Teatro Nazionale due lavori anonimi —
            una tragedia, Kongen Drommer (I Sogni del Re) ed un dramma, Den nye Barselstuen (La Nuova
            Camera del Neonato). Disgraziatamente, ebbero buon successo, specie quest'ultimo; e quindi
            l'Andersen si ostinò sempre più in una via che non era per lui, e dove incontrò, per conseguenza,
            molti più triboli che allori. Tanto  è vero che il conoscere se stessi è ancora più difficile dello
            scrivere una buona tragedia.
                   Per sua fortuna, però, dopo molto vano errare nel buio, — come dice il grande critico danese
            Georg Brandes, — l'Andersen si trovò una sera  dinanzi ad una porticina misteriosa: «La toccò
            appena, e l'umile porticina che menava al regno delle fate, si spalancò per incanto; e dentro ei vide
            luccicare l'acciarino, che aveva ad essere per lui quello che fu per Aladino la famosa lampada. Lo
            battè — ed ecco apparire i tre cani, con gli occhi grandi come scodelle, come mole da molino, e
            come il torrione di Copenaghen; e portavano i tre scrigni, di monete di rame, d'argento e d'oro. Era
            la prima scintilla — la prima novella; e dietro ad essa vennero tutte le altre. Felice l'uomo che sa
            trovare il suo vero acciarino!»
                   La caratteristica dell'arte di  H. C. Andersen (sono anche queste parole del Brandes) era
            sempre stata «l'intima simpatia con tutto quanto è infantile, nel senso più ampio: con i fanciulli, anzi
            tutto, e con quanto più somiglia ai fanciulli; gli animali, per esempio — bambini che non divengono
            mai grandi — e le piante, anch'esse simili ai bambini, ma a bambini che dormano sempre.»
                   Essendo sempre rimasto fanciullo egli stesso, però, questa simpatia gli veniva tanto naturale,
            che non ne aveva fatto mai gran caso. Raccontava le novelle ai suoi piccoli amici, perchè la gioia
            della cara figlioccetta Minni (la nipotina del suo benefattore Jonas Collin) o di Carlottina Melchior,
            era gioia anche sua, — come a Parigi, quando Arrigo Heine lo aveva condotto da sua moglie, ed
            egli aveva trovato la signora Heine «circondata di bimbi presi a prestito,» era stata per lui una gioia
            aiutarli a giocare, poi che in francese raccontare non poteva. Con i fiori, per esempio, sapeva fare
            una infinità di giochi graziosissimi; e sapeva disporli sulla tavola e comporli in mazzi con gusto
            squisito. «Come i bambini, anche i fiori sanno il bene che voglio loro; e per ciò, piantassi magari un
            manico di scopa, son certo che butterebbe!»
                   En croyant à des fleurs, souvent on les fait naître... nè mai il verso del Rostand ebbe più
            gentile applicazione.
                   A Natale, sin negli ultimi anni, la grande tavola del suo studio era coperta di fogli colorati,
            di stagnola, di boccette di gomma, d'aghi e di forbici; e si vedeva il vecchio glorioso affaccendato a
            fabbricare figurine e burattini, con una destrezza, con una appassionata gravità, che rammentavano i
            lavori del piccolo Hans. Come gli era rimasta, da quei primi tempi difficili, una straordinaria abilità
            nel far bastare il danaro che ad altri sarebbe sembrato insufficiente, (e tale abilità economica gli fu
            singolarmente preziosa ne' suoi lunghi viaggi), così continuava, anche da vecchio, a maneggiare ago
            e forbici, che nella sua valigia non mancavano mai; e si riattaccava da se i bottoni, e si raccomodava
            benissimo le calze. Così aveva ereditata l'abilità del povero nonno pazzo, e in viaggio riempiva i
            suoi albi di comici schizzi, o ritagliava talora in un foglio profili e intere scene, con rapidità e
            sicurezza meravigliosa. William Francis Ainsworth, che si trovò una volta a viaggiar con lui sul
            Danubio, inserì poi in un libro il disegno di una danza di dervisci, tratto da uno di quegli intagli
            dell'Andersen 12 .
                   Egli stesso racconta che nel '49, trovandosi nei Dale (le montagne svedesi) si era fermato a
            Leksand in una piccola locanda: e una bella piccina, nipote della padrona, era entrata nella sua
            camera, attratta dai colori vivaci di certa borsa ricamata. Egli aveva preso un foglio, e ci aveva
            ritagliata una moschea, coi minareti aguzzi e le finestre spalancate; e la bambina era scappata via


                   (11)  Febbraio 1840.
                   (12)  Travels and Researches in Asia Minor, I, 149; cfr. R. Nisbet Bain, loc. cit., 224.

                                                           19
   16   17   18   19   20   21   22   23   24   25   26