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40 Novelle                                                              Hans Christian Andersen

            cresca... Perchè se gli cresce, se ne andrà...»
                   La sera, la principessa e l'ombra ballarono insieme nel grande salone dello stabilimento. La
            dama era leggera, ma il cavaliere era più leggero ancora; mai aveva ella incontrato un simile
            ballerino. La principessa gli raccontò di che paese veniva, ed egli conosceva quel paese; ci era stato,
            mentre ell'era assente. Dalle finestre aveva guardato dentro al castello di lei, tanto dal basso quanto
            dall'alto, e sapeva molti particolari curiosi; potè per ciò fare certe allusioni e dare certe risposte, che
            meravigliarono grandemente la principessa. Ella pensò che doveva essere l'uomo più intelligente e
            più dotto del mondo, e tanta scienza le inspirò il maggior rispetto. Quando poi ballò di nuovo con
            lui, se ne innamorò perdutamente, e l'ombra se ne avvide subito, perchè ella lo guardava in un certo
            modo, che quasi lo passava da parte a parte con gli occhi. Ballarono insieme un'altra volta, e per
            poco ella non gli rivelò il suo amore; ma era una  ragazza seria, e pensò al suo paese, ed alla
            numerosa popolazione che doveva governare.
                   «Ingegno, ne ha di certo,» — disse tra sè, «e questo è molto; e balla mirabilmente, ed anche
            questo è qualche cosa; ma la sua cultura sarà poi profonda? Questo è l'importante, e bisogna venirne
            in chiaro.»
                   Immediatamente, gli pose un problema così  difficile, ch'ella stessa non avrebbe saputo
            risolverlo; e l'ombra fece una smorfia.
                   «A questo, non sapete rispondere!» — disse la principessa.
                   «Oh, l'ho imparato ch'ero bambino ancora!» — esclamò il forestiero: «Io credo che la mia
            stessa ombra, ch'è là presso all'uscio, saprebbe rispondere!»
                   «La vostra ombra!» — esclamò la principessa: «Questa sarebbe bella!»
                   «Badi l'Altezza Vostra: non posso affermare per sicuro ch'ella risponda,» — disse l'ombra,
            «ma starei quasi per crederlo: da tanti anni mi appartiene, e segue tutti i miei passi!... Ma l'Altezza
            Vostra deve permettermi di rammentarle che la mia ombra ha la debolezza di voler passare per un
            uomo, che bisogna secondarla nella sua fantasia se si vuol vederla di buon umore; e quindi, perchè
            risponda a tono, bisogna trattarla come un uomo vero.»
                   «Mi piace questo!» — disse la principessa.
                   Si avvicinò allo scienziato, ch'era presso all'uscio, e parlò con lui del sole e della luna, dei
            popoli vicini e dei lontani, del fisico e del morale degli uomini: lo scienziato rispose a tutto,
            benissimo e con molto acume.
                   «Che uomo dev'essere costui, per avere un'ombra così intelligente!» — pensò la principessa:
            «Sarebbe una vera benedizione per il mio paese e per il mio popolo se  scegliessi lui; e lui
            sceglierò!»
                   In quattro e quattr'otto, principessa ed ombra s'intesero, ma nessuno doveva saperne sillaba
            sin che la principessa non fosse tornata nel suo regno.
                   «Nessuno, nemmeno la mia ombra!» — promise il fidanzato; ed aveva per ciò le sue buone
            ragioni.
                   Andarono dunque al paese sul quale la principessa, quand'era in casa, soleva regnare.
                   «Ascolta, amico mio,» — disse l'ombra allo scienziato: «Ora che sono fortunato e potente
            quanto mai si può al mondo, farò per te qualche cosa di speciale. Vivrai con me nel mio palazzo,
            verrai con me nel cocchio reale, ed avrai uno stipendio di centomila scudi l'anno; ma dovrai lasciare
            che tutti ti chiamino ombra, nè dirai ad alcuno mai di essere stato prima un uomo; e una volta
            all'anno, quando mi presenterò sul balcone del palazzo reale, dovrai distenderti a terra, a' miei piedi,
            com'è dovere di ogni ombra. Perchè hai da sapere che sposo la principessa e che le nozze avranno
            luogo questa sera.»
                   «Ah, questo poi è troppo!» — gridò lo scienziato. «E non ne voglio sapere; no, no e poi no!
            Sarebbe quanto ingannare tutto il paese, e la principessa per giunta. Svelerò tutta la verità: che io
            sono un uomo di carne ed ossa, che tu non sei se non la mia ombra, e che d'uomo non hai se non la
            veste!»
                   «Nessuno ti crederebbe!» — disse l'ombra: «Da' retta: sii ragionevole, o chiamo le guardie!»
                   «Che guardie e non guardie! Andrò difilato dalla principessa, io!» — gridò lo scienziato.
                   «Ma io ci andrò prima,» — gridò l'ombra, «e tu sarai cacciato in prigione!»

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