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40 Novelle                                                              Hans Christian Andersen




                                                  IL PICCOLO TUK


                   Sì, proprio il piccolo Tuk. Il suo nome, veramente non era Tuk; ma, quando non sapeva
            ancora parlare ben chiaro, s'era chiamato così da sè. Voleva dire Carletto; e, del resto, fa lo stesso:
            tutto sta intendersi.
                   Quel giorno, Tuk doveva badare alla sua sorellina Gustava, ch'era molto più piccina di lui; e,
            nello stesso tempo, doveva imparare la lezione: ma le due cose non andavano troppo bene insieme.
                   Il povero ragazzo era lì seduto, con la sorellina sulle ginocchia, e, per chetarla, le cantava
            tutte le canzoncine che sapeva: di tratto in tratto dava anche un'occhiata al libro di geografia, che
            teneva aperto dinanzi... Per domani, doveva sapere a memoria tutte le città dell'isola di Seeland, ch'è
            la più grande e la più fertile delle isole danesi; e di quelle città doveva poi sapere tutto quanto si può
            onestamente sapere, di tutte, una per una.
                   Finalmente, la mamma, ch'era uscita, tornò a casa, e prese in collo la piccola Gustava. Tuk
            corse subito accanto alla finestra, e lesse e lesse, sin che quasi si cavò gli occhi, perchè s'era fatto
            sempre più buio, e la mamma non aveva danaro per comprare candele.
                   «Ecco la vecchia lavandaia che sbuca dal vicolo,» — disse la mamma, guardando fuori dalla
            finestra: «Povera donna! Pena a reggersi in piedi, e le tocca portare la secchia piena dalla fonte...
            Fammi vedere che sei un bravo figliuolo, Tuk; corri ad aiutarla, povera vecchia! Vero che ci vai?»
                   Tuk fece una corsa sino in fondo al vicolo, e aiutò la vecchia; ma quando tornò, la stanza era
            completamente buia. Di candele, non c'era da parlare; e così andò a letto, nel suo lettino formato di
            una vecchia panca. Là disteso, pensava alla sua lezione di geografia, all'isola di Seeland, ed a tutto
            quello che aveva detto il maestro. Sarebbe bisognato che la leggesse almeno un'altra volta: sì, ma
            come fare? Mise il libro di geografia sotto il guanciale, perchè aveva sentito dire ch'è un buonissimo
            metodo per imparare la lezione; ma non è metodo in cui ci si possa proprio fidare.
                   Stava quieto quieto, e pensava... A un tratto, gli parve di sentire un bacio leggero leggero,
            sugli occhi e poi sulla bocca. Dormiva... e pure no, non dormiva: gli pareva che la vecchia lavandaia
            lo guardasse, con i suoi occhi affettuosi, e dicesse:
                   «Ah, sarebbe davvero peccato che tu non sapessi la lezione! Tu mi hai aiutato, ed io voglio
            aiutar te, e la Provvidenza penserà poi ad aiutarci tutti e due.»
                   In quella il libro incominciò a grattare, a strisciare sotto il guanciale di Tuk.
                   «Chiò, chiò! Cluc, cluc!» — Era un gallina, che veniva schiamazzando e razzolando, e
            veniva dà Kjöge. «Sono una gallina di Kjöge!» — disse.
                   E gli disse quanti abitanti ci sono nella città, e gli raccontò della battaglia che fu combattuta
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                   «Cribl, cribl, pum!» Qualche cosa cadde giù: era un uccello di legno, un pappagallo del tiro
            al bersaglio di Prästoe. Disse che c'erano per l'appunto tanti abitanti, lassù, quanti erano i tiri di cui
            portava il segno sul corpo. E andava molto orgoglioso: «Thorvaldsen, l'altissimo scultore, viveva
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            vicino a me! Pum! È una bella posizione la mia!» .
                   Ma ora il piccolo Tuk non era più a letto: tutt'ad un tratto, s'era trovato a cavallo. E galoppa,
            galoppa, hop! hop! — Un cavaliero splendidamente vestito, con le piume ondeggianti al cimiero, lo


                   (22)  A Kjöge, piccola città sulla baia dello  stesso nome, l'esercito danese fu  battuto  dagli Inglesi (1809).
            Quando fanno per sollevar da terra i bambini, mettendo loro le due mani aperte ai lati del capo, le mamme danesi
            dicono: «Che fan vedere ai piccoli le galline di Kjöge».
                   (23)  Prästoe è città ancora più piccola di Kjöge. Poco discosto è la terra di Nysoe, dove Bertel Thorvaldsen
            (1770-1844) abitò negli ultimi anni, presso il Barone Stampe, mentre lavorava alle magnifiche sculture per la cattedrale
            di Copenaghen, inaugurate nel 1839. Il Thorvaldsen fu uno dei più grandi scultori che sieno mai stati al mondo. Avendo
            vinto il gran premio di Roma, venne in Italia nel 1796 e vi rimase molti anni. Sono opere sue, tra moltissime altre, il
            monumento di Pio VII a Roma e quello del chirurgo Vacca nel cimitero di Pisa. Nel 1811, gli fu ordinato da Napoleone
            I per il Palazzo del Quirinale il grande bassorilievo rappresentante l'ingresso trionfale di Alessandro in Babilonia.
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