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40 Novelle                                                              Hans Christian Andersen

                   «A dir vero, è cosa abbastanza fuor del comune, — disse l'ombra: «ma del resto nemmen lei
            è il primo capitato! Com'ella ben sa, ho seguìto a passo a passo le sue orme, da bambino in su.
            Appena mi parve di avere bastante esperienza, da poter fare da me la mia strada nel mondo, me ne
            andai. Ora sono in posizione abbastanza brillante; ma una smania mi colse, di rivederla una volta
            ancora prima ch'ella muoia, — perchè anche lei, già, un giorno ha da morire. E poi volevo visitare
            ancora queste fredde regioni; la patria è sempre la patria... So ch'ella s'è presa un'altra ombra. Debbo
            pagare qualche cosa a cotest'ombra nuova od a lei? Non ha che a dirmelo.»
                   «Ma sei proprio tu?» esclamò l'uomo dotto: «Ah, questa è meravigliosa! Non avrei mai
            pensato davvero di aver a rivedere la mia vecchia ombra fatta uomo!»
                   «Mi dica dunque quanto debbo pagare,» — ripetè l'ombra, «perchè non mi piace aver
            debiti.»
                   «Ma che discorsi!» fece lo scienziato: «Che debiti ci possono mai essere tra te e me! Goditi
            la tua libertà come qualunque altro! Mi rallegro di tutto cuore della tua buona fortuna! Siedi,
            vecchio amico, e dimmi un po' come sono andate le cose, e che hai veduto nei paesi caldi, e in
            quella casa misteriosa di contro alla nostra.»
                   «Oh, glielo dirò volentieri,» —  rispose l'ombra; e sedette. «Ma in cambio ella deve
            promettermi di non dir mai ad alcuno in questa città di avermi veduto in altri tempi, e tanto meno
            che io sia stato la sua ombra. Ho intenzione di prender moglie, poi che ho mezzi più che sufficienti
            per mantenere una famiglia.»
                   «Sta' pur tranquillo,» rispose lo scienziato, «ch'io non dirò ad alcuno chi tu sia realmente.
            Qua la mano; te ne do la mia parola d'uomo onorato.»
                   «E in cambio, si abbia la parola di un'ombra d'onore!» — disse quella: nè meglio di così
            poteva parlare.
                   Del resto, era proprio una meraviglia vedere che uomo in tutto punto fosse divenuta. Era
            vestita completamente di nero, ma del panno più fino: stivaletti verniciati, un cappello che in un
            attimo si poteva spianare come un foglio, senza parlare poi del mazzetto dei ciondoli, della catena
            d'oro e degli anelli di brillanti. L'ombra era davvero elegante: e l'abito, checchè ne dicano, faceva
            l'uomo.
                   «Ora, le dirò...» — fece l'ombra; e appoggiò le  scarpe verniciate, quanto più fortemente
            potè, sulle braccia della nuova ombra, che giaceva come un can barbone ai piedi dello scienziato.
            Forse lo fece per superbia; forse, per tentare se mai le riuscisse d'accaparrarsela; ma l'ombra
            prostrata a terra rimase immobile: le stava troppo a cuore di ascoltar bene, per imparare come si
            riesca a liberarsi e a divenire padroni di sè.
                   «Sa chi dimorava nella casa di contro alla nostra?» — disse l'ombra. «Ah, questo è il più
            bello di tutto. Ci abitava la Poesia. Rimasi in casa sua tre settimane, ed è come se fossi vissuto mille
            anni e avessi letto tutto quanto fu scritto ed inventato. Per ciò posso dire, ed è vero, che ho veduto
            tutto e che so tutto.»
                   «La Poesia!» — gridò lo scienziato: «È vero vive sovente come un eremita nelle grandi
            città. La Poesia! Sì, io stesso l'ho intravveduta una sera, per un breve istante; ma il sonno mi
            oscurava ancora gli occhi: stava sul terrazzo, raggiante come la luce del Settentrione, e intorno ad
            essa ogni fiore sembrava una fiamma viva. Dimmi, dimmi! Tu sei andato su quel terrazzo; sei
            entrato per la vetrata socchiusa e poi...»
                   «Poi, mi trovai nel vestibolo,» — continuò l'ombra, «ed ella rimase seduto di contro, e
            guardava sempre al vestibolo. Non v'era lume; una semioscurità regnava là dentro; ma tutte le porte
            di una lunga fila di stanze e di sale erano spalancate, e là ce n'era, sì, luce! La gran luce mi avrebbe
            annientato, anzi, se avessi osato penetrare sin dove stava la Vergine. Ma io andai cauto: guadagnai
            tempo — e così bisogna far sempre del resto...»
                   «E che cos'hai veduto?» — domandò lo scienziato.
                   «Ho veduto tutto, e le dirò tutto; ma... Non è questione di orgoglio da parte mia, la prego di
            crederlo; però, quale uomo libero, e con le  cognizioni che posseggo, per non parlare della mia
            nuova posizione e del mio vistoso patrimonio, desidererei ch'ella mi desse del lei.»
                   «Le domando perdono!» — disse subito l'uomo dotto: «Il tu è una vecchia abitudine, e le

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