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40 Novelle Hans Christian Andersen
vogliono, no? Oh, ringrazio proprio il Signore, che non mi fece simile ad uno di questi fiori!»
Ma ecco che venne nel campo tutta una lieta schiera di bimbi, il minore dei quali era tanto
piccino, che gli altri lo portavano. E quando fu deposto a terra, sull'erba, rise forte, tutto contento, e
sgambettò, e si rotolò di qua e di là, e colse i fiori gialli, e, nella sua cara ingenuità, li baciò. Gli altri
bambini ne piegarono ad anello i gambi, cavi come cannucce, e, infilandone i capi l'un dentro
l'altro, formarono lunghe catene; i più grandicelli colsero i lucidi steli, dai quali pendeva la pallina
bianca, leggera e soffice, del fiore ch'era andato in seme; e tennero dinanzi alla bocca il fragilissimo
fiore, che è tanto bello e somiglia ad una fine peluria candida, e si provarono a soffiar via la piccola
sfera lanuginosa con un soffio solo; perchè chi vi riesce, aveva detto la nonna, è sicuro di avere in
dono entro l'anno una muta di panni nuovi. In questo caso, dunque, il negletto fiorellino era assunto
all'onorifico officio di profeta od àugure.
«Vedi?» — disse il raggio di sole: «Vedi se hanno la loro bellezza? vedi se sono tenuti in
pregio?»
«Sì... dai bambini!» — rispose il ramoscello fiorito.
Capitò nel campo una vecchina, e cominciò a scavare, con una lama di coltello spuntato e
senza manico, intorno alla radice delle piante di soffioni e le sbarbò da terra. Voleva adoprarne
alcune per farsene un infuso; altre ne voleva vendere al semplicista, per guadagnare qualche soldo.
«Ma la bellezza è qualchecosa di più alto!» — disse il ramo di melo: «Soltanto i pochi eletti
sono ammessi nel regno della bellezza. C'è differenza tra pianta e pianta, per l'appunto come c'è
differenza tra uomo e uomo.
Allora il raggio di sole parlò dell'infinito amore del Creatore per tutte le cose create, e della
giusta ripartizione del tutto, nel tempo e nell'eternità.
«Sì, sì; tu la pensi così...» — e il ramoscello scrollò i fiori.
Ma in quel momento entrarono nel salotto parecchie persone, ed apparve la giovane
contessa, che aveva posto il ramoscello fiorito nel vaso. Aveva tra le mani un fiore, o non so che
altro, celato da tre o quattro grandi foglie, ravvolte intorno ad esso a guisa di riparo, perchè nessun
urto, nessun soffio di vento potesse offenderlo. Il ramoscello di melo non era mai stato trattato con
tante cure. Molto delicatamente, le grandi foglie furono scostate, — e... vedi un po'! — Ecco che
apparve la pallina piumata del disprezzato soffione. Ecco che cosa aveva colto la signora, che cosa
aveva portato a casa con tanti riguardi, per modo che nemmeno uno dei delicatissimi filamenti, che
formano la sfera lanuginosa avesse a volar via. Lo cavò fuori sano e intatto, e ne ammirò la forma
perfetta, la curiosa fattura, tutta la delicata bellezza, che doveva poi andar dispersa al vento.
«Guardate come il Signore lo ha fatto bello!» — disse. «Lo voglio dipingere insieme col
ramoscello di melo fiorito, di cui tutti ammirarono la bellezza: quest'umile fiore ne ha ricevuta
altrettanta dal Cielo, alla sua maniera, e, diversi come sono, tutti e due appartengono al regno della
bellezza.»
Il raggio di sole baciò l'umile soffione, e baciò i petali del ramoscello, soffusi di un leggero
rossore.
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