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40 Novelle Hans Christian Andersen
L'OMBRA
Ci sono paesi caldi, dove il sole brucia tanto, che la gente diventa bruna come il mogano; ci
sono poi paesi caldissimi, dove la popolazione è negra addirittura. Ma l'uomo dotto di cui voglio
parlarvi s'era contentato, partendo dalle sue fredde regioni del Nord, di andare nei paesi caldi; e
laggiù pensava di poter girare a tutte le ore, come soleva in patria. Ben presto, però, ebbe a
ricredersi. Imparò a fare come tutte le persone di buon senso, che rimangono tappate durante la
giornata, con le imposte e le porte chiuse, sì da parere che tutti di casa dormano o sieno andati in
campagna. Lo stretto vicolo dov'egli abitava era in tale posizione, che il sole vi batteva da mattina a
sera con forza proprio insopportabile. Lo scienziato venuto dal Nord era un giovanotto, e un bravo
giovanotto; ma gli pareva sempre di stare a sedere su di una stufa infocata, e se ne sentiva spossato.
Era divenuto magro magro, e persino la sua ombra s'era rimpicciolita, da quel che era in patria: il
sole consumava anche lei, e tutti e due non si riavevano che a sera, dopo il tramonto.
Era un piacere vederli. Appena portavano un lume nella stanza, l'ombra si stirava per bene
sulla parete, e tal volta si allungava tanto, che doveva ripiegarsi contro il soffitto: bisognava che si
stirasse un poco, per riprender forza. Lo scienziato usciva sul terrazzino, per isgranchirsi un po'
anche lui, e appena le stelle apparivano nel bel cielo sereno, si sentiva tutto ristorare. Nei varii
terrazzi della contrada — e, nei paesi caldi, ogni finestra ha il suo terrazzino, — apparivano allora
tutti gli abitanti delle case, perchè il bisogno di respirare un po' d'aria fresca si prova anche quando
si è abituati ad avere il viso bruno come il mogano. Allora tutta la strada si animava: calzolai, sarti,
donne, vecchi, fanciulli si mettevano a sedere davanti agli usci; portavano fuori tavole e sedie,
accendevano candele, chiacchieravano, cantavano; la gente passeggiava su e giù; passavano le
carrozze, trottavano i muletti: cling, cling, cling! — perchè avevano i bubbolini ai finimenti, — e i
monelli facevano un chiasso indiavolato: si seppellivano i morti con solenni salmodie, le campane
delle chiese sonavano, e la strada era tutta un brusìo, e da per tutto si vedevano lumi accesi. Soltanto
in una casa, giusto di contro a quella abitata dallo scienziato, tutto era quiete e silenzio; e pure
qualcuno doveva viverci, perchè sui terrazzini c'erano piante che fiorivano meravigliosamente nel
sole caldo, come non avrebbero potuto se alcuno non le avesse annaffiate. Dunque, nella casa,
qualcuno doveva esserci. Verso sera, la porta si socchiudeva: ma non si vedeva che buio, almeno
nelle stanze verso strada; da quelle più interne, in vece, giungeva una musica, che lo scienziato
straniero giudicava deliziosa. Non c'è da fidarsi molto, però, al giudizio di lui, perchè nei paesi caldi
tutto gli sarebbe sembrato delizioso, pur che non ci fosse stato quel sole implacabile. Il padrone
della locanda dove alloggiava, gli aveva detto che non sapeva chi fosse venuto ad abitare la casa di
contro: non ci si vedeva mai alcuno, e quanto alla musica, gli sembrava terribilmente monotona.
«Pare uno» — diceva «che si metta lì per ore ed ore a studiare un pezzo, e non riesca mai ad
arrivare in fondo senza intoppi; sempre lo stesso pezzo, sempre lo stesso. Tal volta sembra dire: Ci
riuscirò, non dubitate, prima del Giudizio universale! E non ci riesce mai, per quanto pesti.»
Una notte lo scienziato si destò: (lasciava sempre aperta la vetrata che dava sul terrazzino, ed
il vento ne agitava la tenda;) gli parve che una grande luce venisse dalla casa di contro: tutti i fiori
sembravano fiamme de' più splendidi colori; e in mezzo ai fiori era una snella figura di giovinetta,
che appariva anch'essa raggiante di luce. Gli occhi gliene rimasero abbagliati, ma forse li aveva
strofinati troppo forte, destandosi così, all'improvviso. D'un balzo saltò il letto, strisciò pianino
dietro la tenda... ma la bella giovinetta era sparita, sparito lo splendore: i fiori non fiammeggiavano
più, ma erano lì, belli e freschi come prima. La porta del terrazzo di contro era socchiusa, e
dall'interno giungeva una musica così soave, così deliziosa, che solo all'udirla ci si abbandonava ad
una dolce fantasticheria. Sembrava proprio opera di magia. Ma chi viveva là dentro? Quale era il
vero ingresso di quella casa? Perchè, tanto verso la strada quanto verso il vicolo di fianco, tutto il
pianterreno era occupato da botteghe, l'una accanto all'altra; nè la gente poteva passar sempre dalle
botteghe.
Una sera, lo scienziato era seduto nel suo terrazzino: nella stanza, dietro a lui, ardeva una
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