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40 Novelle Hans Christian Andersen
C'È DIFFERENZA
Era il mese di maggio. Il vento spirava, sì, ancora freddo e tagliente; ma alfine la primavera
era giunta anche in Danimarca, dove il suo carro arriva tirato dalle tartarughe: cespugli ed alberi,
campi e prati, tutti lo dicevano: ecco la primavera! C'era abbondanza di fiori da per tutto, persino
sulle siepi; e la Primavera faceva in persona i suoi affari, predicando da un piccolo melo, che non
aveva messo se non un unico ramoscello. Ma il ramoscello era fresco, coperto di fiorellini rosei, lì lì
per aprirsi, e sapeva benissimo di esser bello, perchè tale coscienza è nella foglia come nel sangue.
Per conseguenza non fu punto sorpreso quando una carrozza di gran casa si fermò proprio di contro
a lui, sulla strada maestra, e la giovane contessa disse che un ramoscello di melo in fiore è la più
bella cosa che si possa vedere, vero simbolo della primavera nella sua forma più gentile. Il
ramoscello fu colto con ogni cura, ed essa lo tenne nella mano delicata, e gli parò il sole col suo
ombrellino di seta, mentre la carrozza tornava al castello. Quivi gli atrii spaziosi e le lunghe file di
stanze si apersero per accogliere la castellana. Le candide tende erano mosse dall'aria: dentro a
grandi vasi di puro cristallo stavano i più splendidi fiori; e in uno di questi vasi, che sembrava
scolpito nella neve appena caduta, fu collocato il ramoscello di melo tra alcune verdi fronde di
betulla. Era proprio un piacere vederlo.
Ma il ramoscello mise superbia; il che, del resto, è molto umano.
Capitò nel salotto gente di varia specie, e ognuno esprimeva la sua ammirazione secondo
l'indole sua. Alcuni non dicevano nulla, ed altri dicevano troppo; e così il ramoscello imparò che c'è
differenza tra uomo e uomo, tale e quale come tra pianta e pianta: «Alcune sono create per la
bellezza, altre per l'utilità; e ce n'è parecchie di cui si può far senza benissimo,» — pensava il
ramoscello di melo. E poi che stava giusto di contro alla finestra aperta, dalla quale poteva vedere il
giardino, e i campi, al di là della cancellata, non gli mancavano fiori e piante da contemplare e da
prendere per oggetto di meditazione. V'erano piante di lusso e piante umili, alcune umilissime
davvero.
«Povere erbe disprezzate!» diceva il ramoscello di melo: «Sicuro che c'è differenza! E come
debbono sentirsi infelici... se pure quella specie di individui sente come me e come i miei pari.
Sicuro che c'è differenza, e che bisogna distinguere tra gli uni e gli altri; se no, si sarebbe tutti
eguali.»
Il ramoscello guardava con una certa pietà sopra tutto ad una specie di fiori, i quali crescono
in grandissima copia nei campi e sul margine dei fossati. Nessuno li raccoglie in mazzo perchè son
troppo comuni: si trovano persino tra le commessure del selciato, spuntano da ogni buco, come le
peggiori erbacce; e poi hanno un brutto nome: si chiamano soffioni o denti di leone.
«Povere piante disprezzate!» — diceva il ramoscello di melo: «Non è colpa vostra se siete
tante, e se vi hanno messo un così brutto nome. Ma è delle piante come degli uomini: bisogna che ci
sia differenza!
«Differenza?» — disse il raggio di sole; e baciò il ramoscello in fiore, e baciò anche l'umile
soffione giallo dei campi; e tutti i raggi suoi fratelli baciarono egualmente i fiori poveri come i fiori
di lusso.
Ma il ramoscello di melo non aveva mai pensato alla infinita, alla provvida carità del
Signore nella sua creazione, verso ogni cosa che ha vita e moto; non aveva mai pensato che bellezza
e bontà possono rimanere, sì, nascoste, ma non dimenticate. Anche il non pensarci, del resto, è
umano.
Il raggio di sole, il raggio di luce, ne sapeva più di lui: «Tu non vedi più lontano di una
spanna, e non vedi chiaro. Quale è dunque la pianta negletta che ti inspira così grande
compassione?»
«Il dente di leone,» — rispose il ramoscello. «Ce n'è troppi, ecco il male. Sono calpestati,
non entran mai in alcun mazzo, e quando vanno in seme, van dispersi come bioccolini di lana per le
strade, e si appiccicano qua e là ai vestiti della gente. Non sono che semi, è vero; ma anche i semi ci
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