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40 Novelle Hans Christian Andersen
dan... Non senton, non lo san, il secreto di morte; chè la campana suona troppo forte... Din don dan!
Din don dan! —
«C'era una volta un Re, di nome Knud, che s'inchinava al Vescovo ed ai monaci, ma
siccome imponeva tasse gravosissime e non aveva che parole dure, il popolo afferrò armi e marre e
lo cacciò, come fosse un animale selvaggio. Egli si rifugiò nella chiesa, e sbarrò porte e portoni; e la
massa del popolo insorto si accampò intorno alla chiesa, ed io lo sentiva rumoreggiare. Le gazze, le
cornacchie, persino i corvi si spaventarono alle grida ed al frastuono: volarono dentro alla torre, e
poi fuori di nuovo, guardarono giù alla moltitudine, spiarono a traverso alle finestre della chiesa, e
gridarono forte quello che videro. Il Re Knud stava dinanzi all'altare e pregava, i fratelli di lui Erik e
Benedikt, con le spade sguainate stavano a guardia della sua persona; ma il servo del Re, il falso
Blake, tradì il suo signore. Si venne a risapere di fuori d'onde lo si poteva colpire; qualcuno lanciò
una pietra per entro ad una finestra, e il Re fu ucciso. La turba selvaggia urlò e gridarono gli stormi
di uccelli, ed io gridai con essi, e cantai e squillai — Din don dan! Din don dan!
«La campana della torre sta lassù in cima, vede da lunge, riceve la visita degli uccelli e
comprende il loro linguaggio; ed il vento viene a lei sussurrando, spira per ogni finestra, per ogni
feritoia della torre, per ogni screpolatura delle muraglie, e il vento sa tutto; l'aria gli dice tutto
quanto vive, penetra sino nei polmoni degli uomini, sa tutto quanto si può udire, ogni parola ed ogni
sospiro. L'aria lo sa, il vento lo racconta, la campana ne intende il linguaggio e lo diffonde poi per
tutto il mondo — Din don dan! Din don dan!
«Ma sentire tutto ciò, tutto sapere, era troppo; non ebbi più forza di ripetere tante e tante
cose; mi sentii stanca stanca, e così pesante, che la trave, dalla quale pendevo, si ruppe, ed io volai
giù per l'aria scintillante, sino nel gorgo più profondo del fiume, dove abita lo Spirito solitario. A lui
narro, ogni giorno, ogni mese, ogni anno, tutto quanto ho sentito, tutto quanto so — Din dan do, din
dan do!»
Così si sente risonare in fondo al Gorgo della Campana, nel fiume Odense; così ha
raccontato la nonna.
Ma il maestro di scuola dice: «Non v'ha alcuna campana che suoni laggiù, perchè suonare
non potrebbe! Ne v'ha alcuno Spirito del fiume laggiù, perchè non ci sono maghi nei fiumi!»
Quando tutte le campane delle chiese suonano tanto lietamente, allora egli dice che non sono le
campane, ma l'aria propriamente che suona, l'aria che porta in giro i suoni. E questo, dice la nonna,
l'ha raccontato anche la campana. In una cosa, almeno, sono dunque d'accordo; e dev'essere perciò
cosa certa e sicura. «Bada, bada, sta' in guardia!» dicono tutti e due: «Bada a quel che dici, bada a
quel che fai!»
L'aria sa tutto! E intorno a noi, è dentro di noi, parla dei nostri pensieri e delle nostre azioni,
e più a lungo della campana, laggiù nel profondo Gorgo di Odense; ne parla nella profonda volta del
cielo, su su, lontano lontano, sempre sempre, sin che le campane del Regno dei Cieli suonino per
noi — Din don dan! Din don dan!
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