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40 Novelle Hans Christian Andersen
sposano. Abitano sotto il pavimento della dispensa di casa tua. Si dice che sieno alloggi molto
ricercati quelli.»
«Ma come potrò passare per il buchino che mena alla casa dei topi, sotto il pavimento?» —
domandò Hjalmar.
«Per questo, lascia fare a me!» — disse Serralocchi: «Ti farò diventar piccino.»
Toccò Hjalmar con il solito spruzzetto magico, e il fanciullo cominciò a restringersi, a
rattrappirsi sin che divenne lungo un dito appena, più tosto meno che più.
«Ora, ti puoi far prestare la divisa di un soldatino di stagno: credo che ti andrà benissimo, e
la divisa fa sempre buon effetto in società.»
«Sì, certo!» — disse Hjalmar.
E in un baleno fu vestito come il più azzimato soldato di stagno.
«Se la signoria vostra degnasse prender posto nel ditale della sua signora mamma, io avrei
l'onore di tirarla,» — disse il topo.
«Oh, che dice mai? Vuol prendersi tanto disturbo?» — esclamò Hjalmar.
E così andarono in carrozza alla festa di nozze. Prima arrivarono in un lungo andito, sotto
all'assito, ch'era alto appena tanto da passarci nel ditalino-carrozza; e tutto l'andito era rischiarato da
pezzi di legno imporrito.
«Non è delizioso questo profumo?» — disse il topolino che li tirava: «Tutta la strada fu
passata con cotenne e lardo: nè conosco davvero profumo più squisito.»
Giunsero nella gran sala delle cerimonie. A sinistra, stavano tutte le topine, e sussurravano
tra loro e sogghignavano, come se si prendessero beffe l'una dell'altra; a destra, stavano tutti i
signori topini, arricciandosi i baffi con le zampe davanti; e nel mezzo della sala, dentro ad una
nicchia scavata in una crosta di formaggio, si vedevano seduti gli sposi, che si baciavano
allegramente dinanzi a tutti, senza un riguardo al mondo; perchè questa era la festa della scritta, ed
il matrimonio doveva seguire immediatamente.
Gli invitati continuavano ad affollarsi, sempre più, sempre più, tanto che si stava così pigiati
da soffocare; e per giunta, la coppia felice si era messa proprio sulla soglia dell'uscio, sicchè non si
poteva più nè entrare nè uscire. Come il corridoio, così pure la sala era stata lucidata con le cotenne
di maiale, e in ciò consisteva tutto il banchetto; ma alle frutta fu portato un pisello, sul quale un topo
appartenente alla famiglia aveva segnato coi denti il nome degli sposi — vale a dire, la iniziale dei
due nomi; non era poco!
Tutti i topi dissero poi che le nozze erano state splendide e la conversazione divertentissima.
Hjalmar tornò a casa nella solita carrozzina-ditale. Era stato, è vero, in una società molto
aristocratica, ma gli era toccato strisciare, e farsi piccino piccino, e prendere a prestito la divisa di
uno de' suoi soldatini di stagno...
VENERDÌ
«Tu sapessi quanti e quanti grandi, quanti che non sono più bambini, vorrebbero avermi!»
— disse Serralocchi: «Specialmente, poi, tra quelli che hanno fatto qualche cosa di male... Caro
follettino, mi dicono: non siamo più capaci di chiuder occhio; stiamo svegli tutta la notte, e ci
vediamo davanti le nostre cattive azioni, che si appendono al parato del letto come piccoli diavoletti
maligni, e ci spruzzano d'acqua bollente: non vorresti venire a scacciarli, perchè dessimo una volta
una buona dormita? — e sospirano profondamente: Guarda, pagheremmo volentieri qualunque
somma!... Buona notte, Serralocchi: il danaro è sul davanzale della finestra... Ma io nulla faccio per
danaro!» — disse Serralocchi.
«Che faremo questa sera?» — domandò Hjalmar.
«Non so se t'importa di andare ad un'altra festa di nozze, questa sera. È di un genere tutto
diverso dalla festa di ieri. La bambola grande di tua sorella quella col viso da uomo, che si chiama
Ermanno, prende in moglie la bambola che ha nome Berta. Di più, siccome oggi è il natalizio delle
due bambole, i doni non mancheranno.»
«Oh, lo so!» rispose Hjalmar: «Ogni volta che le bambole hanno bisogno di un vestito
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