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40 Novelle                                                              Hans Christian Andersen




                                               «VERO VERISSIMO!»


                   «Ah, che cosa orribile!» disse una gallina;  e lo disse all'altro capo del villaggio, non in
            quella parte dove la cosa era accaduta. «Che orrore fu quello, laggiù, nel pollaio! Stanotte non mi
            arrischierei di certo a dormire sola! Buon per me che siamo in tanti, qui appollaiati!» E raccontò una
            storia, che fece rizzare le penne a tutti i presenti, e il gallo, a sentirla, lasciò cadere la cresta, floscia
            floscia. Ma era una storia vera verissima!
                   Noi, però, la principieremo dal principio, e il principio, fu in quell'altro pollaio, a quell'altro
            capo del villaggio.
                   Il sole era al tramonto, e gli abitatori del pollaio erano entrati per mettersi a dormire. Era tra
            loro una gallina bianca, con le zampine corte corte, che deponeva il suo numero regolare di ova, —
            una gallina rispettabilissima, sotto ogni riguardo. Quando si fu appollaiata nel suo cantuccio, si
            ripulì leggermente col becco, ed una piccola piuma bianca le si staccò dal petto.
                   «Eccola andata!» — fece la gallina. «Più mi becco, e più bella divento!» — e lo disse per
            ischerzo, perchè era sempre di buon umore e le piaceva scherzare, sebbene fosse, come ho detto,
            una gallina per bene e veramente rispettabile. Poi si addormentò.
                   Tutto all'intorno era buio: le galline erano lì l'una accanto all'altra; ma quella che nella fila
            veniva subito appresso alla gallina bianca, non dormiva: udiva e non udiva, come si dovrebbe far
            sempre a questo mondo, se si vuol vivere in quiete; ma non potè trattenersi dal ripeterlo alla sua
            vicina.
                   «Hai sentito quel che fu detto poco fa? Io non faccio nomi, nè voglio farne; ma c'è una
            gallina qua dentro, la quale dice che si strappa le penne puramente per parere più bella. Se fossi io il
            gallo, la disprezzerei!»
                   Giusto sopra al pollaio abitava la Civetta, col marito e i figliuoli: la famiglia aveva buoni
            orecchi, e tutti sentirono quello che la comare Gallina aveva detto, e sgranarono tanto d'occhi; e
            mamma Civetta si fece vento con le ali:
                   «Non date ascolto a queste brutte cose! Ma pur troppo, già, le avrete udite. Le ho udite io
            stessa con i miei proprii orecchi... e davvero che se ne senton di belle, prima di mutarli, gli orecchi!
            C'è tra quelle galline una civettuola svergognata, che dimentica le regole della convenienza al punto
            da spogliarsi di tutte le penne, per parere più bella!»
                   «Badiamo! il tetto è basso!...» — disse babbo Gufo, accennando ai piccini che stavano ad
            ascoltare.
                   «Bisogna che lo racconti alla nostra vicina: è una civetta così a modo...» — E volò via.
                   «Uh, uuh! Uh, uuh!» fecero le due civette, ferme dinanzi alla piccionaia, chiamando i
            piccioni che stavano dentro: «Avete sentito? Uh, c'è una gallina che s'è strappata tutte le penne per
            amore del gallo. È tutta gelata... Morirà d'infreddatura, se non è già morta ora che parliamo. Uh!»
                   «Uh, uh!» — fecero i piccioni: «Dove? dove? dove?»
                   «Nel pollaio di contro. Posso dire che l'ho quasi veduta co' miei occhi. È una storia che
            nemmeno sarebbe da ripetere; ma è vera verissima.»
                   «Uh, certo, certo! Non c'è sillaba che non sia vera!» — dissero i piccioni; e tubarono la
            notizia nel pollaio ch'era sotto la loro piccionaia: «C'è stata una gallina (e chi dice che fossero
            due...) che si spennò tutta, per apparire diversa dalle altre ed attirare l'attenzione del gallo. Ma è un
            gioco pericoloso, perchè c'è da buscarsi un colpo d'aria, e da morire di febbre reumatica. In fatti,
            tutte e due sono morte!»
                   «Chicchirichiii! Su, destatevi!» — cantò il gallo, e volò sullo steccato; aveva ancora gli
            occhi imbambolati dal sonno, ma cantava egualmente: «Tre galline sono morte d'amore, d'una
            passione infelice per un gallo. Si  sono strappate tutte le penne ad una ad una. Ah, è una storia
            terribile! Non posso tenerla per me solo: bisogna portarla in giro.»
                   «Bisogna diffonderla!» — strillarono i pipistrelli; e le galline schiamazzarono, e i galli
            cantarono. «Diffonderla! diffonderla! Chicchirichiii!» E la notizia si diffuse di pollaio in pollaio, e

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