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40 Novelle                                                              Hans Christian Andersen

                   «Basterebbe che ci fosse un po' più di stabilità a questo mondo!» — disse: «Ma tal volta
            siamo di umore gaio, tal'altra uggioso, secondo le circostanze. Ora piove, ora fa sole; ora si
            sgombera, ora si torna. Io tengo una specie di agenzia di collocamenti, fitti e vendite, ed ho anche
            l'impresa dei trasporti funebri. Rido o piango, a seconda del momento. In questa valigia ho i miei
            vestiti da estate, ma non sono tanto sciocco da  mettermeli. Eccomi qui! La domenica vado alla
            messa con le calze di seta a trafori e col manicotto!»
                   Dopo di lui, scese una giovinetta. Aveva nome Maggiolina, portava un leggero vestito da
            estate, d'un verde tenero, e, sopra le scarpette, un paio di galosce. Nei capelli aveva un mazzolino di
            anemoni, ed era tanto profumata di timo, che la sentinella starnutì.
                   «Dio vi benedica!» — esclamò la fanciulla; e quello fu il suo saluto.
                   Com'era bella! E come sapeva cantare! Non era cantatrice da teatro, nè da camera; era
            cantatrice di bosco, perchè andava errando lietamente per la verde foresta e cantava per suo piacere.
            Nella borsetta da lavoro, aveva due libriccini, uno di poesie, uno di fiabe.
                   «Largo, che scende la signora!» — disse il conduttore della diligenza.
                   Scese a terra una giovane dama, un po' altera nella sua delicata bellezza. Si vedeva subito
            ch'era una dama, la dama di Giugno, abituata ad essere servita dai Sette Dormienti. Dava una
            grande festa nel giorno più lungo dell'anno, perchè gli ospiti avessero tempo di approfittare di tutti i
            piatti della sua ricchissima tavola. Veramente, ella teneva carrozza per conto suo; ma viaggiava in
            diligenza con gli altri, perchè non avessero a dire ch'era boriosa. Non viaggiava però sola, nè senza
            protezione. Aveva con sè il suo fratello minore, Luglio.
                   Era questi un giovanotto grassoccio, vestito da estate, con un grande cappello Panama. Non
            aveva che poco bagaglio, perchè col caldo tutto  dà noia; per ciò, non portava con sè che le
            mutandine da bagno, e quelle poco ingombro gli davano.
                   Veniva poi mamma Agostina, venditrice di frutta all'ingrosso, proprietaria di una grande
            quantità di valli da pesca, e coltivatrice di vasti terreni. Aveva una crinolina molto rigonfia, era
            grassa e accaldata; sapeva lavorare con le sue mani, e portava ella stessa il mezzovino nei campi ai
            lavoratori.
                   «Ti guadagnerai il pane col sudore della fronte,» — diceva: «È scritto nel Libro. E soltanto
            dopo vengono le gite, le scampagnate, i balli, i giochi nei boschi e le feste del messidoro.»
                   È una brava massaia mamma Agostina.
                   Dopo di lei, scese dalla diligenza un pittore, il grande colorista Prof. Settembre. Tutta la
            foresta lo conosce! Le foglie mutano colore, — e con che magnificenza! — al solo suo cenno: ben
            presto il bosco splenderà di rosso acceso, di giallo, di bruno dorato. Il maestro zufola come un
            merlo, lavora spedito, e intreccia i  verdi viticci del lupolo intorno  al suo boccale di birra. Così
            ornato, il boccale ha un bellissimo aspetto, ed in verità il Prof. Settembre ha per l'ornamentazione
            un gusto squisito. Era arrivato con i suoi tubetti di colore, che formavano tutto il suo bagaglio.
                   Lo seguiva un signore di campagna, uno che non si occupa se non di seminare, di arare e di
            dissodare, ed ha la passione dei cavalli e della caccia. Il conte Ottobre aveva con sè il cane ed il
            fucile, e la carniera piena di noci, che facevano un rumorino secco quando camminava. Tra suoi
            innumerevoli bagagli, aveva persino un aratro di fabbrica inglese; e non parlava che di agricoltura,
            ma a mala pena si sentiva quel che diceva, per la gran tosse e le rumorose soffiate di naso del suo
            vicino.
                   Quegli che tossiva così era Novembre, molto seccato da una tremenda infreddatura: già, a
            lui, diceva, fruttava più il naso della tasca. E a mal grado dell'infreddatura, gli toccava andar in giro
            con le nuove cuoche e le domestiche, per condurle a far le provviste ed insegnar loro il servizio
            d'inverno. Diceva che si sarebbe liberato de' suoi malanni andando al bosco a far legna: doveva
            spaccarla e segarla, perchè era Gran Guardiano nella Confraternita dei segantini e fornitore del
            focolare. Passava la sera a intagliare suole di legno per i pattini, perchè sapeva bene, diceva, che tra
            poche settimane ci sarebbe grande richiesta di quel genere di calzature.
                   Finalmente, comparve l'ultimo viaggiatore, il vecchio nonno Decembre, con lo scaldino in
            mano. Era tutto intirizzito, ma gli occhi gli brillavano vividi come due stelle e teneva tra le braccia
            un vaso da fiori, dove cresceva un piccolo abete.

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