Page 158 - 40 Novelle
P. 158

40 Novelle                                                              Hans Christian Andersen

            tra sè, e disse:
                   «Voglio fare una bella illuminazione, oggi, in onore del mio vecchio!»
                   Il fanale ebbe un brivido di gioia lungo il metallo, pensando: «Oh bene! Finalmente, avrò
            anch'io la mia fiamma dentro!» Ma non gli toccò che olio; e niente candela di cera. Il fanale rimase
            acceso tutta la sera, ma dovette persuadersi che il dono delle stelle, il dono più bello, era destinato a
            restarsene un tesoro nascosto, in tutta questa vita. Allora fece un sogno. (Per chi possedeva tante
            preziose facoltà, sognare non doveva esser difficile!) Gli pareva che i due vecchi fossero morti, e
            ch'egli stesso fosse capitato alla fonderia, per essere fuso. Si sentiva altrettanto inquieto di quella
            sera in cui doveva comparire alla Camera di Consiglio e subire l'ispezione. Ma quantunque gli fosse
            conferita la facoltà di arrugginire e di cadere in polvere appena lo avesse voluto, non pensò
            nemmeno di usare tale facoltà. Nella fornace gli fu  data la forma di un candeliere, e riuscì un
            magnifico candeliere di ferro, il più artistico, il più elegante tra quanti mai abbiano contenuto una
            candela di cera. Gli avevano data la forma di un angelo che reggeva un giglio, e la candela andava
            infilata nel calice del fiore.
                   Il candeliere fu collocato su una grande tavola da scrivere, coperta di panno verde. La stanza
            era molto comoda e piacevole; gli scaffali, che correvano lungo le pareti, erano pieni zeppi di libri,
            e al di sopra degli scaffali pendevano quadri bellissimi: era la stanza di un poeta. Tutto quanto
            pensava o scriveva, gli appariva sempre vivo e presente. La stanza gli si tramutava ora in una fitta
            foresta tenebrosa, ora in un prato freschissimo, dove la cicogna passeggiava gravemente; ora in una
            nave cullata dall'Oceano spumeggiante, o in un limpido cielo azzurro, sparso di stelle vivide e
            tremolanti.
                   «Ah, che doni preziosi sono celati dentro di  me!» — disse il vecchio fanale, destandosi.
            «Quasi quasi desidererei di andare alla fonderia! Ma no; sarei ingrato desiderandolo, sin tanto che i
            miei vecchietti sono al mondo. Mi vogliono bene così come sono, mi trattano come un figliuolo, mi
            ripuliscono, mi dànno l'olio. Nemmeno un re, di quelli del Congresso che i miei amici si divertono a
            guardare, sta meglio di me!
                   Da quel giorno in poi, il vecchio onesto fanale godette più intima pace; e, del resto, lo
            meritava.










































                                                           156
   153   154   155   156   157   158   159   160   161   162   163