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40 Novelle                                                              Hans Christian Andersen

                   «Che infinità di creature c'è al mondo, creature tutte differenti, di cui nemmeno sospettavo
            l'esistenza! E com'è bello il mondo, e com'è grande! Ma bisogna guardarsi attorno, e non rimanere
            sempre fermi in un posto.» E saltò dentro all'orto: «Com'è tutto verde qui! Com'è bello!»
                   «Lo so bene!» — disse il bruco dalla sua foglia di cavolo: «La mia foglia è la più grande tra
            tutte quante sono qui. Mi nasconde una buona metà del mondo: ma poco m'importa del mondo.»
                   «Chiò! Chiò!» — e vennero alcune galline, che gironzolavano per la cavolaia. Quella che
            marciava innanzi a tutte era prèsbite, e per ciò aveva la vista lunga, e vide subito il bruco sulla
            foglia verde; lo beccò, ed il bruco cadde a terra, e là rimase a contorcersi ed a raggomitolarsi.
                   La gallina lo guardò, prima con un occhio  e poi con l'altro, perchè non sapeva a che
            volessero conchiudere tutti quei gesti.
                   «Non li fa mica a fin di bene, veh!» — pensò la gallina; e alzò il capo per beccarsi il bruco.
                   Rospina n'ebbe tanto orrore, che venne strisciando difilato contro la gallina.
                   «Ah ah! ci sono anche gli alleati!» — osservò questa: «Guarda un po' quel brutto coso che
            striscia!» E la gallina si voltò per andarsene. «Che m'importa di quel bocconcino verde? Mi farebbe
            prudere la gola.» Le altre galline giudicarono la cosa dal medesimo punto di vista, e tutte se ne
            andarono insieme.
                   «A forza di contorcermi, son riuscito a liberarmi!» — disse il bruco: «Gran buona cosa la
            presenza di spirito! Ma il più riman da fare, ed è il tornarmene sulla mia foglia. Dov'è ora?»
                   Rospina gli si avvicinò e gli espresse la propria simpatia. Era ben  contenta che la sua
            bruttezza avesse spaventato le galline.
                   «Che intendete dire con ciò?» — gridò il bruco: «Io mi son contorto, io, da me solo, sin
            tanto che m'è riuscito di liberarmi dalla gallina. E voi siete davvero orribile a vedere. Che non si
            possa mai lasciarmi in pace nella mia proprietà? Sento odor di cavolo: la mia foglia dev'essere
            vicina. Non c'è nulla di bello come il proprio podere. Ma debbo salire più su...»
                   «Sì, più su!» disse Rospina: «Più su! Prova anch'esso quel che provo io; ma non è di buon
            umore oggi, povero bruco! Sarà effetto della paura. Già; tutti si desidera di salire più su.» E guardò
            quant'alto potè guardare.
                   Papà Cicogna stava nel suo nido, sul tetto della fattoria: batteva il becco, e mamma Cicogna
            faceva altrettanto.
                   «Com'è alto lassù, dove abitan loro!» — pensò il rospo: «Ah, poter andare alti a quel
            modo!...»
                   Nella fattoria vivevano due giovani studiosi; l'uno era poeta, l'altro era scienziato, e frugava i
            secreti della natura. L'uno cantava e scriveva lietamente di tutte le cose create da Dio, e del modo in
            cui si rispecchiavano dentro al suo cuore. Cantava il suo canto limpido, breve, armonioso, in versi
            bene sonanti, mentre l'altro sviscerava la stessa materia creata, e la squarciava, e la sminuzzava,
            persino, se ce n'era bisogno. Il giovane naturalista considerava la creazione di Dio come un grande
            totale aritmetico; sottraeva, moltiplicava, provava e riprovava, per conoscerlo dentro e di fuori, e
            per poterne parlare dottamente. E il partito era savio, in fatti; ed egli parlava dottamente e
            serenamente. Erano buoni giovanotti, in fondo, e allegri tutti e due.
                   «Ecco un buon tipo di rospo!» — disse il naturalista: «Bisogna che lo metta in un vaso di
            spirito.»
                   «Ne hai già due!» — disse il poeta: «Lascia che quella povera bestia si goda in pace la vita!»
                   «Ma è così meravigliosamente brutto...» — insistette il primo.
                   «Sì, se potessimo trovargli la gemma nel capo,» — disse il poeta, «anch'io ci starei, e ti
            aiuterei, anzi, a farlo a pezzi!»
                   «La gemma!» — esclamò il naturalista: «Davvero sembri saperne molto in fatto di storia
            naturale!»
                   «E pure, c'è molta poesia nella credenza popolare che giusto il rospo, il più brutto degli
            animali, debba spesso avere nel capo la gemma più preziosa! Non accade forse lo stesso per gli
            uomini? Che gemma era quella di Esopo, e, meglio ancora, quella di Socrate!»
                   Rospina non udì altro, e nemmeno comprese, del resto, la metà di quel che aveva udito. I
            due amici si allontanarono passeggiando, e così essa sfuggì alla sorte di finire in un barattolo di

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