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40 Novelle                                                              Hans Christian Andersen




                                                      IL ROSPO


                   Il pozzo era profondo: per ciò bisognava che la corda fosse lunga; e non era poca fatica il
            girare la ruota sin tanto che la secchia piena venisse su all'orlo del pozzo. Benchè l'acqua fosse
            chiara, il sole non guardava mai abbastanza in fondo al pozzo, da specchiarvisi; sin dove però i suoi
            raggi arrivavano, cresceva per tutto un po' di verde tra le commessure delle pietre.
                   Giù, in fondo, abitava una famiglia di rospi. Veramente, erano andati a stabilirvisi a
            precipizio, arrivando nel pozzo a capofitto, nella persona della vecchia mamma, tutt'ora vivente. I
            ranocchini verdi, che ci abitavano da lungo tempo, e nuotavano qua e là per l'acqua, li riconobbero,
            sì, per cugini, ma li chiamavano «Ospiti carissimi». I nuovi venuti, però, sembravano ben resoluti a
            rimanere dov'erano, perchè trovavano molto piacere a vivere «all'asciutto», come chiamavano le
            pietre bagnate.
                   Mamma Ranocchia, una volta, aveva fatto un viaggio. Le era avvenuto di trovarsi per caso
            nella secchia quando la tiravano su: la luce però era troppo intensa per lei, e si era buscata il mal
            d'occhi. Fortunatamente, era riuscita a scappare fuor della secchia; ma cadendo nell'acqua aveva
            preso una così terribile spiaccicata, che le era poi toccato starsene malata tre giorni, coi dolori alla
            schiena. Certo, non poteva raccontare gran che delle cose di lassù; ma questo almeno sapeva, ed
            anche tutti i ranocchi lo sapevano: che il pozzo non era tutto il mondo. Mamma Rospo avrebbe pur
            potuto dire questo e dell'altro, se avesse voluto; ma siccome non rispondeva mai alle domande,
            finirono per non domandarle più nulla.
                   «È grossa, grassa e brutta,» — dicevano le giovani ranocchie verdi: «ed i suoi figliuoli
            saranno per l'appunto come lei.»
                   «Può anche darsi,» — ribatteva mamma Rospo: «ma uno di essi ha un gioiello nel capo; o se
            no, il gioiello, l'ho io.»
                   Le rane giovani ascoltavano e sbarravano tanto d'occhi fuori del capo; e siccome a loro
            questa novità poco garbava, facevano le boccacce  e si tuffavano sott'acqua. Ma i piccoli rospi
            tiravano calci all'aria con le zampe di dietro, per pura superbia, perchè ciascuno di essi si credeva di
            avere il gioiello; poi, si mettevano a sedere, e  tenevano il capo fermo fermo. Una volta, però,
            domandarono di che avessero ad andare tanto superbi, e che roba fosse veramente un gioiello.
                   «Oh, è cosa tanto splendida e preziosa, che non posso descriverla!» disse mamma Rospo: «È
            un oggetto che si porta in giro per proprio piacere, e che fa arrabbiare gli altri. Ma non fatemi altre
            domande, perchè non vi risponderei.»
                   «Bene, quanto a me, non ho gioielli di certo!» — disse il rospo più vicino, ch'era una
            femminetta, brutta, ma brutta, quanto mai può essere una rospina: «Che me ne farei di una cosa
            tanto preziosa? E se facesse arrabbiare gli altri, non potrebbe dare a me alcun piacere. No, io non
            desidero altro, se non di arrivar su, sino all'orlo del pozzo e di potermi affacciare a guardar fuori:
            dev'essere tanto bello lassù!...»
                   «Farai meglio a rimanere dove sei,» — disse la vecchia, «perchè qui conosci tutti e puoi dire
            anche tu la tua. Guardati dalla secchia, più tosto; altrimenti ti spiaccicherà ed anche se arrivi ad
            andarci dentro sana e salva, puoi ricader fuori: non è da tutti il cadere con tanta abilità quanta ne ho
            avuta io, che ne ho saputo riportare le ossa e le ova sane ed intatte.
                   «Quak!» — fece Rospina, proprio come se uno di noi dicesse: «Ahimè!»
                   Aveva immenso desiderio di giungere all'orlo del pozzo, e di guardare al di là: si struggeva
            tanto di vedere il verde, il verde di lassù... E la mattina dopo, quando avvenne che la secchia, già
            riempita, si fermasse un momento proprio rimpetto alla pietra sulla quale stava il piccolo rospo, il
            cuore dell'animaluccio diede un balzo, e la nostra Rospina ne diede un altro, dentro alla secchia, —
            la quale fu subito tirata su, e vuotata.
                   «Uh, che bestiaccia!» — disse l'uomo che vuotava la secchia, quando scorse il rospo. «In
            vita mia, non ho mai veduto una bruttura simile!» E col pesante zoccolo di legno fece per calpestare
            il rospo, il quale fu appena in tempo a scansarsi, per non essere sfracellato, e andò a rifugiarsi tra

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