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40 Novelle Hans Christian Andersen
Terminò la giornata, ed il ragazzino andò a casa; e passò la settimana, e passarono molte
altre settimane. Le finestre avevano i vetri appannati dal gelo, sì che il fanciullo doveva soffiare un
po' del suo alito caldo contro il vetro, per aprirsi uno spiraglio e poter guardare la vecchia casa. La
neve era penetrata a livellare gli intagli e le sculture, aveva coperto le inscrizioni, ed anche sulla
gradinata era alta alta, come se la casa non fosse più abitata. E, in realtà, nella casa non c'era più
alcuno, perchè il vecchio signore era morto.
La sera, un carro si fermò dinanzi al portone, e il pover'uomo ci fu messo dentro, chiuso in
una cassa lunga e stretta: doveva andare a riposare nella tomba della famiglia, in campagna. Così fu
portato via; ma nessuno lo accompagnò nell'ultimo viaggio, perchè tutti i suoi amici erano morti.
Soltanto il fanciullo mandò un bacio con la manina al feretro, mentre il carro funebre si allontanava.
Pochi giorni dopo, ci fu un'asta nella vecchia casa; e dalla sua finestra il fanciullo vide portar
via gli antichi guerrieri e le dame, ed i vasi da fiori con gli orecchi d'asino, e i seggioloni, e le grandi
credenze. Un oggetto fu portato qua, un altro là. Il ritratto di lei fu ricomprato dal rigattiere, e tornò
nella bottega, dove rimase appeso: nessuno conosceva più la signora, nè si curava di averne il
ritratto.
In primavera, anche la casa fu demolita, perchè la gente diceva ch'era una vecchia topaia.
Dalla strada si vedeva per entro allo squarcio, sino alla stanza dalle pareti di cuoio istoriato. De'
cuoi strappati e lacerati rimaneva ancora alle pareti qualche lembo, e la verzura dell'altana pendeva
abbandonata sopra i mascheroni degli architravi, che minacciavano rovina. Poi, dov'era la vecchia
casa non si vide più che una spiazzata.
«Così va bene!» — dissero tutte le linde casette del vicinato.
* *
Fu costruita una casa bellissima, con grandi finestre e muraglie bianche, lisce lisce; e
davanti, proprio dove prima sorgeva la vecchia casa, fu piantato un giardinetto, e un'alta vite
rigogliosa si arrampicò sul muro vicino. Davanti al giardino fu rizzata una cancellata, con un bel
cancello, che diede a tutto il complesso un aspetto signorile. La gente si fermava, e guardava dentro
dalla cancellata. I passeri si posavano a dozzine sulla vite, e chiacchieravano tutti insieme, quanto
più forte potevano; ma non chiacchieravano della vecchia casa, perchè di quella non potevano
ricordarsi. Tanti anni erano passati! Tanti, che il ragazzino s'era fatto uomo, e un brav'uomo, che
formava la gioia ed il sostegno del suo babbo e della sua mamma. Aveva preso moglie da poco, ed
era venuto ad abitare con la sposa proprio la casa di contro alla sua, la casa che aveva dinanzi il
giardinetto.
Un giorno, stava per l'appunto nel giardino con sua moglie, e la guardava piantare un
fiorellino di campo, che ad essa pareva tanto bellino. La signora aveva piantato il fiore, e con le
piccole mani premeva la terra intorno alla radice.
«Ahi!»
«Che c'è?»
S'era punta. Fuor della terra molle, sporgeva qualche cosa di acuminato. Ma pensa! O non
era il soldatino di stagno, lo stesso soldatino ch'era andato smarrito nella stanza del vecchio signore,
e prima era rimasto per tanti anni nascosto tra le macerie e le spazzature, e poi sotterrato, per tanti e
tanti ancora?!
La giovane signora lo ripulì da prima con una foglia verde, e poi col suo bel fazzolettino,
deliziosamente profumato. Quel profumo destò il soldatino, sì che gli parve di riaversi da un lungo
svenimento.
«Lasciami vedere!» — disse il marito; e sorrise, e scosse il capo: «Mi pare impossibile che
sia quello; e pure mi rammenta una certa storia, di un soldatino di stagno, quand'ero bambinetto...»
E raccontò della vecchia casa e del vecchio signore, e del soldatino che aveva mandato per
compagnia al pover'uomo perchè non si sentisse più tanto solo... Al pensiero della vecchia casa e
del vecchio signore, la sposina s'intenerì.
«Può darsi, dopo tutto, che il soldatino siaquello: chi sa?» — disse: «Lo conserverò io, e mi
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