Page 120 - 40 Novelle
P. 120
40 Novelle Hans Christian Andersen
tutti, perchè in ciò consiste la vera gloria. Siamo divenuti, è vero, dodici pezzi; ma tutti eguali, però,
e siamo tutt'uno poi che siamo una dozzina. Ah! che gioia!»
Passarono gli anni, e alla fine non ne poterono più.
«Una volta o l'altra, già, bisogna fare una fine!» — disse ciascun pezzo: «Avrei voluto
resistere ancora un poco, ma non si deve pretendere l'impossibile!» E allora furono stracciati in
cenci e brandelli, e credettero, naturalmente, che fosse proprio finita per loro, perchè furono
sminuzzati, tritati, macerati, bolliti... Ah, non avrebbero saputo dire nemmeno essi quante ne
dovettero passare... Ed ecco che un bel giorno divennero carta, bianca, liscia, finissima!
«Ah, che sorpresa! Che magnifica sorpresa! disse la carta: «Sono anche più fine di prima, ed
ora mi scriveranno sopra! Che cosa non si può scrivere su di me? Che gioia, che gioia davvero
ineffabile!»
Sulla carta furono scritte le più belle novelline, e la gente ci stava attenta attenta, perchè
erano cose buone e gentili, che rendevano gli uomini più savii e migliori; ed era una vera
benedizione questa, che la carta diffondeva in parole.
«Ciò è assai più di quanto io avessi mai potuto sognare, mentr'ero un povero fiorellino
azzurro, nel campo: come avrei potuto immaginare allora di arrivare a tanto, da diffondere tra gli
uomini gioia e sapienza? Io stesso non lo so ben comprendere, e pure è proprio così! Il Signore lo sa
che io, per conto mio, per nulla ci ho contribuito, se non in quanto le mie deboli forze eran costrette
a fare, per tirar avanti. E pure son colmato di gioie e di onori! E ogni volta penso: Ecco che la
canzone è finita davvero! — salgo in vece di un grado. Ora, dovrò certo girare il mondo in lungo e
in largo, perchè tutti mi possano leggere. Oh, dovrò viaggiare senza dubbio! Un tempo, portavo i
miei piccoli fiori azzurri; ora, per ogni fiorellino, ho avuto in cambio un pensiero gentile. Chi più
felice di me?»
Ma la carta non fu mandata a viaggiare per il mondo; fu mandata alla stamperia, dove tutto
quello che c'era scritto fu stampato e riunito in un libro, anzi in molte migliaia di libri; perchè
infinitamente maggiore era, così, il numero delle persone che potevano cavarne utilità e diletto; e se
in vece quella sola carta, sulla quale stava lo scritto, si fosse messa a correre il mondo, si sarebbe
logorata prima d'arrivare a metà strada.
«Sì, sì, questo è infatti il partito più savio!» — pensò la carta manoscritta: «Non mi era
venuto in mente, ma è meglio così! Io resto tranquillamente a casa, e riverita come una vecchia
nonna. Sono io quella su cui fu scritto; su di me scivolarono le parole cadute dalla penna. Io resto
qui ed i libri vanno in giro. Qualche bene ne verrà certo. Ah, come sono contenta, come sono
felice!»
I,a carta fu riunita in un pacchetto e riposta sullo scaffale. «Il riposo è dolce dopo la vita
attiva,» — disse: «e savio è chi ci consiglia di raccoglierci a meditare sull'intimo nostro. Soltanto
ora imparo a veder chiaro nelle ricchezze che ho dentro di me: e la conoscenza di se stessi è il vero
progresso. Ed ora, che altro mi capiterà? Un altro passo innanzi di sicuro, poi che si avanza
sempre!»
Un giorno, tutta la carta fu buttata nel caminetto, perchè bruciasse: non si poteva già
permettere che finisse dal droghiere, per incartocciare il riso o lo zucchero! Tutti i bambini si
misero attorno al caminetto per vedere la fiammata; volevano vedere nella cenere le cento e cento
faville, che sembrano rincorrersi e poi si spengono a un tratto: le faville rappresentano le monachine
che escono dal coro e vanno a letto, e l'ultima l'ultima è la badessa. Tante volte si crede che la
badessa se ne sia già andata, ed ecco in vece che a un tratto salta fuori e corre dietro a tutte le
20
altre .
La carta andò sul fuoco, tutta in un pacchetto. Uh! che fiammata! — Uh! Uh! — fece la
carta, e in un momento fu una fiamma sola, che salì così alta, come mai il lino dai piccoli fiori
(20) Nell'originale: «Börnene gik af Skole og Skolemesteren var den sidste» (H. C. Andersens Eventry og
Historier, Kjöbenhavn, C. A. Reitzels Forlag, 1887, vol. I, pag. 398). Le mamme danesi dicono che le faville
rappresentano i bambini che escono di scuola, e l'ultima di tutte è il maestro. Ma le nostre popolari «monachine» furono
consacrate dai graziosi versi di Enrico Panzacchi.
118