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40 Novelle                                                              Hans Christian Andersen




                                                        IL LINO


                   Il lino era tutto in fiore: sai che ha certi bei fiorellini azzurri, molli come le ali di una tignola
            ed ancora più fini. Il sole lo illuminava; i nuvoloni di pioggia, di tratto in tratto, lo annaffiavano; e
            questo gli faceva bene, come fa bene ai bambini il loro bel bagno, e, dopo il bagno, il bacio della
            mamma. Dopo, sembrano molto più belli; e più bello diveniva anche il lino.
                   «La gente dice ch'è un piacere vedermi,» — sussurrava: «sono già molto alto, e diverrò una
            magnifica pezza di tela. Ah, come sono felice! Nessuno al mondo è più felice di me. Sto benone, ho
            un bell'avvenire... Che allegria fa il sole! Che piacere fa la pioggia, e come ristora! Ah, sono proprio
            felice, più felice di tutti!»
                   «Sì, sì,» — dissero i pali dello steccato: «tu non conosci il mondo, ma noi sì, sappiamo dove
            abbiamo i nodi!» — e scricchiolarono lamentevolmente:

                                              Cri-crac-cri! Cri-crac-cri!
                                                La canzon finisce qui.

                   «No, che non finisce!» — disse il lino: «Il sole splenderà anche domani, e la pioggia fa tanto
            bene... Mi vedo crescere, mi sento tutto in fiore: chi più felice di me?»
                   Ma un giorno venne certa gente, che prese il lino per il ciuffo e lo strappò di terra con le
            radici e tutto: ah, che male! Poi fu messo nell'acqua, come se volessero affogarlo; e subito dopo nel
            fuoco, come volessero arrostirlo: una cosa terribile!
                   «Non si può mica andar sempre bene a questo mondo!» — disse il lino: «Qualche cosa
            bisogna pur patire, se si vuol imparare!»
                   Ma la andò di male in peggio. Il lino fu  macerato, battuto e scosso, franto, mondato e
            maciullato. Sapeva appena come fossero chiamate le operazioni che dovette subire. Lo misero sul
            filatoio, e vrrr! vrrr! vrrr! — non c'era verso di raccogliere nemmeno i proprii pensieri.
                   «Sono stato troppo felice!» pensava, in mezzo alle sue pene: «Bisogna esser grati del bene
            che si è avuto in giovinezza. Esser grati, grati, grrr...» — e continuò a ripeterlo sin che fu messo sul
            telaio, e divenne una magnifica pezza di tela. Tutti i fusti del lino, tutti sino all'ultima fibra, furono
            adoperati per fare una sola pezza.
                   ,«Ah, che meraviglia! Non l'avrei mai creduto! Come son sempre fortunato io! Sì, i pali
            dello steccato la sapevano lunga davvero col loro

                                              Cri-crac-cri! Cri-crac-cri!

                   Ma se la canzone non finisce nemmeno qui! Chè, anzi, comincia ora. Ah, è una cosa
            meravigliosa!
                   Se ho sofferto, sono anche riuscito a qualche cosa: sono più felice di tutti al mondo! Mi
            sento così forte e soffice, mi vedo così bianco e lungo! È ben altro questo, che sentirsi una povera
            pianticella, sia pure in pieno fiore! Nessuno si prende veramente cura di voi, e non avete acqua se
            non quando piove. Ora sì, sono ben custodito! La domestica mi volta ogni mattina; ed ogni sera mi
            annaffiano con l'annaffiatoio, sicchè faccio regolarmente il mio bravo bagno. La moglie del sindaco
            ha fatto un gran discorrere su di me ed afferma che non c'è pezza di tela migliore in tutto il paese.
            Davvero che più felice di così non potrei essere!»
                   La tela fu portata in casa e capitò sotto le forbici. E taglia, e lacera, e buca e ribuca con gli
            aghi, (così andò, nè fu certo un piacere!) della tela furono fatti dodici capi di biancheria — di quegli
            oggetti, di cui non si dice volentieri il nome in conversazione, ma di cui nessuno fa senza; — e ne
            furono fatti proprio dodici.
                   «Oh, ora finalmente son divenuto qualche cosa! Era questo il mio destino. Sì, ed è un
            destino benedetto. Ora servo a qualche cosa, sono di qualche utilità nel mondo: e così bisogna far

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