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40 Novelle                                                              Hans Christian Andersen




                                                NEI MARI ESTREMI


                   Due grandi navi erano state mandate verso il Polo Nord, per verificare e stabilire i confini
            delle ultime terre, che si allungano lassù nel mare, e per esplorare sin dove fosse dato agli uomini di
            giungere. Già da un anno e un giorno lottavano per aprirsi una via tra la nebbia e i ghiacci, esposte a
            pericoli, a fatiche d'ogni sorta. Ed ora l'inverno era incominciato, il sole scomparso, e per molte e
            molte settimane non avrebbero avuto che notte continua. All'intorno tutto appariva come un unico
            pezzo di ghiaccio; e nel ghiaccio le navi stavano come murate; la neve era alta alta, e nella neve
            appunto erano scavate certe capanne, in forma d'alveari, alcune grandi come le antichissime tombe
            nordiche, altre appena quanto bastava a contenere da due a quattro uomini. Non era buio, però; le
            luci del Settentrione fiammeggiavano rosse e turchine, formando quasi un eterno immenso fuoco
            d'artificio, e la neve scintillava così da tramutare la notte in un lungo crepuscolo pieno di lampi.
            Nelle ore più chiare, venivano a frotte gli indigeni, curiosi a vedere nelle loro vesti di pelli villose,
            sulle slitte, formate anch'esse da pezzi di ghiaccio. Portavano grandi carichi di pelli, per riparare le
            capanne di neve con grossi soffici tappeti. Le pelli servivano anche da coperte e da materasse,
            quando i marinai si coricavano sotto ai loro tetti di neve, mentre fuori la neve scricchiolava e tutto
            all'intorno gelava, come qui non ne abbiamo un'idea, nemmeno nel cuore del più rigido inverno. Nei
            nostri paesi, era ancora autunno; ed i marinai pensavano per l'appunto a questo, ai raggi del nostro
            sole, alle foglie ingiallite o rossastre dei nostri  alberi. L'orologio diceva ch'era sera e tempo di
            riposare, ed in una capanna di neve, due marinai stavano già per coricarsi. Il più giovane aveva con
            sè il suo maggiore, il suo più prezioso tesoro, quello che la nonna gli aveva dato al momento della
            partenza: la Bibbia. Ogni sera  il libro posava sotto al suo guanciale; sapeva, da bambino in su,
            quello che c'era dentro; ogni giorno ne leggeva qualche linea, e spesso, mentr'era coricato nel suo
            giaciglio, gli tornava consolante alla mente la  Santa Parola, là dove dice: «Se io tolgo le ali
            dell'aurora e mi spingo all'estremo del mare, colà pure mi guida la Tua mano e la Tua destra mi
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            sostiene» .
                   E su queste parole di verità gli occhi si chiudevano, il sonno veniva, e venivano i sogni,
            manifestazioni di Dio nello spirito. Pur nel riposo del corpo, durava nell'anima la vita. Ed egli
            sentiva questa vita: era come se fluttuassero nell'aria, all'intorno, vaghe  melodie dolcissime, da
            lungo tempo familiari al suo orecchio. Una brezza soave, come tiepida di sole, lo avvolgeva; e dal
            suo giaciglio vedeva illuminarsi tutto, come se la volta di neve si aprisse e ne piovessero fasci di
            luce. Egli alzava il capo: quel candore abbagliante non era di neve, non veniva dalle pareti o dalla
            volta: veniva dalle grandi ali d'un Angelo; ed egli intendeva lo sguardo nel volto soave e luminoso
            di lui. L'Angelo sorgeva fuor dalle pagine della Bibbia, come dal calice d'un giglio; allargava le
            braccia... e le pareti della capanna di neve cadevano, squarciate, come leggeri veli di nebbia. Le
            verdi pianure, le colline della patria, con i boschi ingialliti e rosseggianti, si stendevano all'intorno,
            nel tiepido sole d'una bella giornata autunnale. Il nido della cicogna era vuoto, ma le piccole mele
            rosse pendevano ancora dai meli selvatici, sebbene le foglie fossero già cadute. Le coccole
            rosseggiavano per tutto, e lo storno cantava nella gabbietta verde, sulla finestra della fattoria, laggiù
            laggiù, dov'era il cuore della patria, la casa. Lo stornello fischiava, com'egli, quand'era a casa, gli
            aveva insegnato; e la nonna gli metteva tra le sbarre della gabbia i pippolini di centocchio, com'egli,
            il figlio del suo figliuolo, soleva sempre fare... quand'era a casa. La figlia del fabbro ferraio, così
            giovane, così bella, che stava alla fonte ad attingere, salutava la nonna con un cenno del capo; e la
            nonna salutava e faceva vedere una lettera, venuta di lontano lontano. Proprio quella mattina la
            lettera era arrivata, dai gelidi paesi nordici vicini al Polo, dove il nipote si trovava, nelle mani di
            Dio. Le due donne ridevano e piangevano, ed egli, che di tra il ghiaccio e la  neve, sotto le ali
            dell'Angelo, in ispirito vedeva e sentiva tutto ciò, rideva e piangeva con esse. Leggevano ad alta


                   (19)  Salmi, CXXXIX, 8-9.

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