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QUEL CHE UNA PIANTA RICORDA

             rio che viene trasmesso alle generazioni successive. Ciò si adat­
             ta in maniera eccellente alle teorie di Jean-Baptiste Lamarck
             che, come ricorderete, sosteneva che l’evoluzione fosse basa­
             ta sull’ereditarietà dei caratteri acquisiti. Le piante di Barbara
             Hohn, in seguito a sollecitazione da parte di raggi ultravioletti
             oppure di agenti patogeni, acquisivano una maggiore variazio­
             ne genetica e la trasmettevano a tutta la loro progenie (e una
             singola pianta di arabidopsis produce migliaia di semi!). Ciò
             non può essere spiegato in termini di mutazioni nella sequenza
             del DNA delle piante sollecitate, perché altrimenti potrebbe es­
             sere trasmessa al massimo solo a una piccola percentuale della
             progenie. D ’altro canto, se la sollecitazione aveva indotto un
             cambiamento epigenetico, questo potrebbe avvenire in tutte
             le cellule, compreso il polline e le cellule uovo, ed essere tra­
             smesso all’intera nuova generazione, come pure a molte altre
             in futuro. Gli scienziati continuano a elaborare ipotesi circa la
             natura del cambiamento epigenetico coinvolto in questi ricor­
             di, ma al momento la cosa rimane ancora ignota.
                Igor Kovalchuk17 ampliò questi studi, includendo altre solle­
             citazioni sulla variazione genetica nelle piante e nella loro pro­
             genie, comprendendo il calore e il sale. Lo scienziato mostrò
             che queste differenti caratteristiche ambientali aumentano la
             frequenza dei riassetti non soltanto nel genoma parentale, ma
             anche in quello della seconda generazione. I risultati di Koval­
             chuk erano affascinanti, perché rivelavano anche più di que­
             sto. La seconda generazione di piante non soltanto mostrava un
             incremento della variazione genetica, confermando i risultati
             di Hohn, ma era anche più resistente alle varie sollecitazioni.
             In altre parole, i genitori sollecitati avevano originato una pro­
             genie che cresceva meglio in condizioni difficili rispetto alle
             piante normali. Le varie sollecitazioni quasi certamente indu­
             cevano cambiamenti epigenetici nella struttura della cromati­
             na dei genitori, e questi cambiamenti venivano trasmessi alla
             loro progenie. Lo crediamo, perché il gruppo di Kovalchuk ha
             mostrato che trattando la progenie con una sostanza chimica
             che spazzava via l’informazione epigenetica, queste stesse pian­
             te perdevano la loro capacità di prosperare se sottoposte alla


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