Page 34 - Orto. Dal balcone al campo.
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Il fosforo – l’elemento P della Tavola periodica – invece, ha funzioni nobili: oltre a favorire
      la crescita delle radici, aumenta la precocità della pianta, nel senso che accelera la fioritura,

      la fecondazione e la maturazione dei frutti.

         Il potassio – l’elemento K della Tavola periodica – è invece quello che si potrebbe dire il
      play-maker  nella  biologia  della  pianta,  nel  senso  che  azoto  e  fosforo  sono  due  grandi

      giocatori,  ma  senza  il  potassio  non  riuscirebbero  a  fare  un  gioco  di  squadra  completo.  Il
      potassio regola la semipermeabilità delle membrane cellulari, un meccanismo fondamentale

      per  le  piante.  Queste,  infatti,  riescono  a  «rimanere  in  piedi»  grazie  a  un  processo  di

      evapotraspirazione  dell’acqua  che  le  attraversa  e  che  evapora  fuoriuscendo  dalle  cellule
      cosiddette «guardia», che aprono e chiudono gli stomi e che fungono da vere e proprie valvole

      di sfogo. Le cellule guardia regolano i meccanismi di accumulo delle sostanze di riserva e
      aumentano la resistenza alle avversità. Insieme, l’azoto, il fosforo e il potassio diventano i

      paladini  delle  piante.  Quindi  quando  comprate  un  fertilizzante,  un  concime  cosiddetto  «di

      sintesi», composto da azoto, fosforo e potassio, otterrete risultati senz’altro buoni. Ma questo
      non significa che potrete considerare davvero fertile il vostro suolo. Infatti, secondo uno dei

      massimi ecologisti esistenti al mondo, Eugene Odum, la Legge dei minimi è un po’ sorpassata.

      Come  si  diceva  nei  paragrafi  precedenti,  la  fertilità  del  suolo  è  data  da  un  complesso  di
      elementi organici e inorganici, ed è una condizione dinamica, che deriva da un equilibrio tra

      ciò che entra nel sistema e ciò che vi fa ritorno. L’unico modo per governare un tale sistema è

      cercare di non avere perdite, ma soprattutto bisogna puntare a mantenerne lo status quo. Di
      sicuro, continuare a fornire azoto, fosforo e potassio porta a grandi raccolti, ma il risultato è

      un  po’  quello  di  drogare  il  terreno,  trattandolo  più  da  supporto  che  da  materia  viva  e
      produttiva, capace di donare fertilità. Un terreno è per definizione fertile: può essere più o

      meno fertile, a seconda della capacità degli esseri viventi che lo abitano di prosperare e di

      rendere maggiormente disponibili tutti quei nutrienti che l’uomo non può fornire con dosi di
      concimi misurate, come se fosse la flebo di un paziente.



      Il trucco sta nel chiudere il ciclo

      Le  piante  utilizzano  le  sostanze  prelevate  dal  terreno,  a  cui  prima  o  poi  faranno  ritorno
      restituendo ogni elemento di cui sono composte. Il terreno le metabolizza attraverso le catene

      di decomposizione e la mineralizzazione dei resti delle piante, ovvero il lungo processo di
      decomposizione  che  porta  alla  creazione  delle  particelle  elementari  di  cui  è  composta  la

      materia organica. Quando raccogliamo o estirpiamo una pianta coltivata, togliamo al terreno

      sostanze che normalmente vi farebbero ritorno. Questa nostra comparsa nel teatro del ciclo
      naturale degli elementi è una variazione sul tema che porta inevitabilmente a sottrarre sostanze
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