Page 93 - Via Crucis
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Il buco nero del patrimonio immobiliare
Non sono due casi isolati. Lo sterminato patrimonio immobiliare del Vaticano tormenta
i progetti di Francesco e costituisce un’altra spina nel fianco del suo pontificato. È
vero, nella storia recente la Chiesa non è mai stata fortunata nell’amministrazione delle
sue proprietà: sia con Giovanni Paolo II, sia con Benedetto XVI, la gestione di
conventi, palazzi e chiese è stata fatta senza una strategia comune, ed è stata segnata da
sperperi, favoritismi e qualche volta da veri e propri scandali. I problemi sono sempre
rimasti in agenda, la soluzione rinviata di pontefice in pontefice, per decenni. Tutto è
rimasto lì, consentendo a chi era più potente e scaltro di approfittare della disattenzione
generale.
Innanzitutto, mancano i dati fondamentali. A iniziare da quello più importante, il
valore immobiliare: il patrimonio è sterminato ma nessuno sa quanto vale. Manca un
censimento complessivo dei beni di tutti gli organismi del Vaticano, degli enti e ordini
religiosi della Chiesa nel mondo, un catasto generale che dovrebbe raccogliere in modo
omogeneo tutte le proprietà. Le banche dati dei dicasteri dispongono di censimenti, ma
sono parziali negli elenchi e nelle descrizioni. Non tutti i beni sono indicati. Di ogni
unità non sempre si hanno le informazioni fondamentali. Anche per questo, storie come
quella di monsignor Sciacca sono potenzialmente senza fine.
Non stiamo parlando di ordini religiosi con beni in sperduti angoli dell’Africa ma di
enti nella Santa sede, cuore nevralgico della teocrazia. Abbiamo visionato il database
interno dell’Apsa, che gestisce un cespite costituito da 5050 unità tra appartamenti,
uffici, negozi e terreni nel comune di Roma. Si tratta di una banca dati riservatissima,
alla quale abbiamo avuto accesso e che possiamo finalmente rendere pubblica. Si pensi
solo che fino al 2014 il bilancio dell’Apsa nemmeno veniva pubblicato. Spulciando tra
i dati, si scoprono molte cose interessanti. Innanzitutto che all’interno delle mura
leonine sembra che nessuno abbia la fotografia dei beni aggiornata e sotto controllo.
Per quasi metà delle proprietà, i dati indicati sono incompleti. Molto spesso nemmeno è
riportata la metratura: per oltre il 50 per cento delle unità immobiliari, 2685 per la
precisione, infatti, non è segnata la grandezza dell’appartamento o del negozio ed è
quindi impossibile valutare la congruità della pigione. In tanti altri casi manca l’esatta
ubicazione all’interno di un palazzo o l’indicazione del canone d’affitto percepito. Tutto
questo impedisce di ottimizzare la rendita, rende impossibile adottare strategie efficaci
nelle compravendite, tra dismissioni e nuovi investimenti.
Bisogna anche sottolineare che sul patrimonio immobiliare della Chiesa nel mondo
possono gravare le imposte, riducendo di molto i redditi da affitto. Un punto delicato
affrontato dal presidente dell’Apsa, il cardinale bertoniano Domenico Calcagno, che il
30 luglio 2013 scrive al vertice della commissione pontificia voluta da Bergoglio:
Risultano proprietà immobiliari e mobiliari non inserite nel patrimonio dell’Apsa, pur essendo riconducibili a diverse