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realtà della curia romana (in via del tutto esemplificativa e non esaustiva risultano ancora beni immobili intestati alla
Camera apostolica, al collegio dei cardinali…) viceversa (risultano, nda) proprietà immobiliari ancora formalmente
intestate alla Santa sede ma da tempo in pieno godimento e uso, sovente senza alcun titolo contrattuale, a parrocchie
e istituti religiosi. […] Allo stato attuale rimangono irrisolte delicate questioni relative sia al profilo fiscale sia a quello
genericamente ricollegabile alla responsabilità nascente dalla detenzione dei beni. […] Tali immobili, sebbene
considerati esenti da imposte in quanto «formalmente» dichiarati come connessi a «esigenze di culto», risultano
invece, in molti casi, destinati a usi diversi (anche commerciali) senza che sia possibile un controllo o un riscontro da
parte di questa amministrazione, alla quale resta ignoto il reale e concreto utilizzo dei cespiti. La richiamata
problematica fiscale è molto rilevante perché l’esenzione da imposte è riconosciuta come stretta conseguenza
dell’uso «per ragioni di culto»: essa viene meno in ipotesi di distrazione da tale uso a seguito della quale l’Apsa resta
esposta ad accertamenti fiscali.
Altra spina: il patrimonio ineluttabilmente invecchia, necessita quindi di ristrutturazioni
che rendono molto oneroso il mantenimento. Ad esempio, per l’esercizio del 2014,
l’Apsa ha preventivato 4,5 milioni per manutenzioni straordinarie programmate e altri
4,7 milioni per lavori su immobili a uso istituzionale, come quelli da compiere sul
palazzo del Sant’Uffizio. Tutto questo riguarda un solo ente, che in un anno deve
preventivare almeno 9,2 milioni di spese di manutenzione.
Inoltre, quando il Governatorato decide d’intervenire su un edificio, non sempre sono
adottate le procedure d’appalto previste nella maggioranza dei paesi dell’Unione
europea. Capita molto spesso che le imprese siano scelte a «chiamata diretta», e che sia
avviata una licitazione privata, lasciando ampi margini alla discrezionalità. In questo
modo non vengono chiesti preventivi per spuntare il prezzo migliore. Com’è possibile
tenere i costi sotto controllo?
Era stato proprio papa Francesco a denunciare questo fatto davanti ai cardinali nel
simposio del luglio 2013. E la situazione puntualmente emerge, mesi dopo, nelle
indagini sui cespiti fatte dalla commissione pontificia Cosea. Un esempio è la
manutenzione straordinaria degli immobili dell’Apsa, adibiti a uso istituzionale,
prevista per il bilancio del 2014. Molti dei lavori messi in agenda non si sa quanto
costeranno. Soprattutto quelli che riguardano le «opere varie edilizie, impiantistiche,
arredative e di restauro necessarie all’ottenimento dell’attestato di prevenzione
incendi».
I casi esaminati sono due. Riguardano lo storico Palazzo di San Callisto e la
Cancelleria, splendido esempio di edificio rinascimentale che ospita i tribunali della
Santa sede: la Penitenzieria apostolica, la Segnatura e la Rota romana. «In assenza di un
progetto definitivo – si legge nella documentazione interna – viene stanziata una somma
provvisoria pari a 254.257 euro» per ogni intervento.
D’altro canto, cardinali, vescovi e burocrati tengono molto al decoro del loro
appartamento. Vogliono che tutto funzioni alla perfezione, che i serramenti, la
rubinetteria, i termosifoni siamo sempre efficienti, che sia assicurata la periodica
tinteggiatura delle pareti. Così, sempre l’Apsa, non si dimentica di stanziare una somma
«per il riordino di alloggi destinati ai Superiori della curia romana», come accade in