Page 50 - Via Crucis
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commissione del papa. La questione sfiora l’incidente diplomatico in curia e va
raccontata per capire bene il clima di ostilità in cui opera Francesco. Siamo in grado di
ricostruire tutti i passaggi grazie ai documenti di cui siamo entrati in possesso.
Tutto inizia alla fine del 2013, quando risulta completamente insoddisfacente la
collaborazione dimostrata dalla segreteria di Stato e dall’Apsa. Il 2 dicembre, in una
lettera al segretario particolare di Francesco, il reverendo Alfred Xuereb, la
commissione Cosea chiede che sia direttamente il pontefice a intervenire.
Reverendissimo monsignore,
tra i compiti che ci attendono a breve rientra anche la verifica dell’attività e del ruolo che la segreteria di Stato svolge
a livello economico e amministrativo. Di ciò è già stata fatta parola al segretario di Stato in un recente colloquio (il
numero uno della segreteria di Stato, Tarcisio Bertone, ha lasciato l’incarico per sopraggiunti limiti di età. Al suo
posto papa Francesco ha nominato il cardinale Pietro Parolin, che prenderà possesso del suo ufficio il 15 ottobre
2013, nda). A seguito di quanto emerso dall’incontro, si ritiene che potrebbe essere utile un atto ad hoc che, in modo
esplicito e formalmente inequivocabile, confermi tale volontà da parte della superiore Autorità. Quanto sopra
potrebbe suonare inutilmente ridondante rispetto al chiaro disposto del chirografo pontificio istitutivo di questa
commissione (cioè il documento formale con cui è stata istituita la commissione e in cui si stabilisce che ogni suo atto
risponde alla volontà del papa medesimo, nda), ciò nonostante un tale atto agevolerebbe certamente il realizzarsi di
un celere, sereno e proficuo svolgimento dei lavori. Ringrazio […] esprimendo particolare gratitudine per il servizio
singolarmente devoto e fedele da lei svolto nei confronti del sommo pontefice e, in tal modo, a beneficio della Chiesa
tutta.
Il timore è che inerzia e resistenze possano paralizzare le indagini. La lettera, però, non
sortisce gli effetti desiderati: la situazione non si sblocca. Il 18 dicembre, infatti, il
funzionario Filippo Sciorilli Borrelli della McKinsey di Zurigo, uno dei consulenti
esterni di Cosea, prova un’altra mossa per ottenere chiarezza. E riesce a fissare per
l’indomani alle 10 un appuntamento con monsignor Alberto Perlasca, l’uomo che
all’interno della segreteria di Stato si occupa proprio dell’Obolo di san Pietro. Per
evitare l’ennesimo rinvio, preventivamente via email, indica punto per punto quali dati
e documenti chiederà relativamente ai conti correnti e alle voci dell’obolo. La lettera
parte dal suo computer alle 14.09, alle 14.16 arriva la risposta del prelato. Gelida. In
tutto, diciassette parole:
Molto bene. Meglio alle 9.30. Per quanto riguarda le domande, si vedrà se e come rispondere. Cordialità.
L’indomani, il 19 dicembre, il team di consulenti – Ulrich Schlickewei di McKinsey, la
collega di Kpmg Claudia Ciocca e Carlo Comporti di Promontory – incontrano in
Vaticano monsignor Perlasca. Aspettano risposte su dove finiscono i soldi dei fedeli.
La riunione è cortese, i tre laici rivolgono numerose domande. Ma le risposte non
soddisfano. Al momento dell’uscita, i tecnici della commissione si guardano stupiti e
rammaricati. La tensione cresce con il passare dei minuti. È un muro di gomma che pare
impenetrabile. Così, tornati in ufficio, i funzionari decidono di avvisare il presidente
Zahra.
Carissimi,
oggi abbiamo avuto un incontro con monsignor Perlasca per ottenere una migliore comprensione dell’uso dell’Obolo